L’allarme per il surriscaldamento globale si fa sempre più pressante: le temperature medie sono aumentate di circa 1,5 gradi. In Antartide, questo cambiamento climatico rappresenta una minaccia concreta, confermando l’impatto negativo dell’inquinamento sul pianeta.
Secondo uno studio pubblicato su Nature Geoscience, il raggiungimento di temperature più elevate è più imminente di quanto si pensi. Solo l’anno scorso è stato registrato un aumento di 1,45 gradi e quest’anno si teme di raggiungere picchi di 1,5.
Leggi Anche
Allarme climatico: la nuova ricerca
Grazie al “metodo delle carote di ghiaccio”, sviluppato dalla Lancaster University, è possibile studiare le variazioni climatiche degli ultimi 2.000 anni. Questo metodo permette di valutare quanto l’aumento di gas serra e anidride carbonica influisca sulle temperature.
“Lo studio propone una correlazione lineare tra l’aumento della CO₂ di origine antropica e il riscaldamento globale, offrendo stime del riscaldamento indotto dall’uomo con una certezza superiore almeno del 30% rispetto ad altri metodi”, ha spiegato Carlo Barbante, professore all’Università di Venezia ed ex direttore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, in un’intervista all’Ansa.
Il metodo delle carote di ghiaccio è più accurato
Prima di questa tecnica, le analisi climatiche partivano dal 1850, assumendo che non vi fossero stati cambiamenti rilevanti nel passato. Con il “metodo delle carote di ghiaccio” è possibile, invece, estendere l’analisi fino al 13 d.C., ottenendo così un quadro storico più completo.
A tal proposito, Barbante aggiunge: “I dati indicano che nel 2023 l’aumento delle temperature ha raggiunto probabilmente 1,49 gradi, avvicinandosi quindi alla soglia critica di 1,5 gradi. Inoltre, le analisi mostrano una chiara relazione lineare tra l’aumento della CO₂ e il riscaldamento tra il 1850 e il 2023. Secondo i ricercatori, questo è sufficiente a comprendere quanto il riscaldamento in corso sia attribuibile alle attività umane, anche se in futuro potrebbero intervenire ulteriori variabili climatiche, rendendo più complessa la stima del riscaldamento globale“.
© Riproduzione riservata