Negli Stati Uniti si è concluso uno dei processi più influenti dell’ultimo decennio, ovvero quello che ha visto protagonisti il dipartimento di Giustizia americano vs Google. Il gigante del web è stato ritenuto colpevole di “aver agito illegalmente per mantenere un monopolio della ricerca online“, utilizzando miliardi di dollari per proteggere la sua posizione dominante e non permettendo ai suoi concorrenti di raggiungere livelli tali da poterlo superare. L’azienda di Mountain View ha ovviamente rifiutato tutte le accuse, sostenendo di aver avuto i risultati obiettati solamente perché “migliore degli altri operatori di ricerca presenti sul mercato“.
Non è stato della stessa opinione il giudice federale di Washington Amit P. Mehta, che invece ha sostenuto le richieste del dipartimento di Giustizia Usa che insieme ad altre realtà del mondo delle Big Tech ha deciso di citare in tribunale Google, riuscendo a a far crollare uno dei colossi di Internet. Cosa succederà ora? Nell’immediato futuro le condizioni di chi utilizza quotidianamente il motore di ricerca non cambieranno, ma il giudice Mehta ha ora il compito di comprendere in che modo togliere Google dalla posizione dominante che utilizza.
Leggi Anche
La domanda sorge spontanea: come convincere miliardi di persone a smettere di usare un motore di ricerca che li accompagna da gran parte della loro vita e che ormai è una sorta di certezza? Il colosso del web, intanto, ha annunciato di non volersi arrendere e di essere pronto a presentare ricorso contro la decisione del giudice Mehta, come spiegato dal presidente per gli affari globali Kent Walker: “La decisione della corte riconosce che Google offre il miglior motore di ricerca ma conclude che non dovremmo essere autorizzati a renderlo immediatamente disponibile. A queste condizioni intendiamo presentare ricorso“.
Le motivazioni della sentenza che condanna Google
Secondo il giudice Amit Mehta, Google avrebbe consolidato illegalmente il suo predominio tra i motori di ricerca in parte pagando ingenti somme di denaro ad altre aziende, affinché sviluppassero prodotti che presentavano in automatico Google come motore di ricerca predefinito. Secondo quanto riportato nella sentenza, lunga 286 pagine, Google avrebbe bloccato circa il 90% del mercato della ricerca Internet attraverso una collaborazione con Appel e con altri operatori di telecomunicazioni.
In questo modo, tutti coloro che avrebbero acquistato prodotti come Smartphone, Tablet o Computer avrebbero utilizzato inconsciamente Google senza neanche chiedersi quale altra alternativa potesse esistere. Inoltre, secondo la sentenza, il colosso del web avrebbe penalizzato Microsoft nel mercato degli annunci pubblicitari, rendendolo meno visibili accanto ai risultati di ricerca e continuando quindi a dominare anche il questo specifico mercato. Il Ceo di Microsoft, Satya Nadella aveva espresso le sue preoccupazioni sul fatto che il dominio di Google fosse dovuto anche ad un rapporto “oligopolistico” con Apple.
La sentenza storica arriva però in un momento in cui si sta aprendo la gara verso le evoluzioni dell’Intelligenza Artificiale. Una delle preoccupazioni di Microsoft, probabilmente, è che Google riuscisse a predominare anche in questo ambito, negando alle altre aziende la possibilità di avere il successo sperato.
© Riproduzione riservata