I bambini, ma anche i ragazzi non si toccano, lo diciamo sempre eppure gli abusi avvengono da anni, un po’ ovunque, come una cosa generale e globale. Un’inchiesta pubblica ha definito l’entità del fenomeno neozelandese, contando ben 200.000 bambini e ragazzi, vittime di questa violenza da decenni, negli orfanotrofi, nelle case famiglia e nelle realtà istituzionali e religiose. Luoghi dove invece avrebbero dovuto sentirsi al sicuro. L’indagine, della durata di 6 anni, ha tenuto conto delle indagini effettuate su 650mila abitanti della Nuova Zelanda dal 1950 al 2019. Definendo dal risultato dell’analisi, una situazione “catastrofica” con conseguenze disastrose. Avviata nel 2018, l’indagine ha poi portato a 233 raccomandazioni di riforma che verrano prese in esame. Il 12 novembre, avverranno le scuse ufficiali del Paese.
L’inchiesta
Dall’inchiesta indipendente presentata al Parlamento neozelandese, è emerso quanto ci sia stato un evidente fallimento da parte delle agenzie statali e le chiese del Paese. Ovvero da parte di coloro che avrebbero dovuto impedire il protrarsi di questo orrore almeno quando ne erano venuti a conoscenza. Essendo stati addirittura definiti poco rigorosi non muovendo conseguenze ferme ai responsabili delle violenze. L’entità del danno e delle persone coinvolte è impensabile e clamoroso, senza pensare agli effetti psicologici che comportano che continueranno a comportare nel corso degli anni.
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Le crudeltà
Dalla scioccante indagine sono emerse tutte le crudeltà a cui molti sono stati sottoposti, elettroshock che induce a convulsioni, abusi sessuali incredibilmente per mano di funzionari della chiesa. Madri spinte a lasciare i figli in adozione. Dalle testimonianze delle vittime è poi emerso che molte conseguenze hanno portato ad altri problemi e dipendenze. Il motivo di queste violenze? Molte per motivi razziali rispetto alle persone di etnia Maori in cura. A cui sono stati riservati trattamenti più rigidi in molte situazioni, conferma il Consigliere capo dell’inchiesta, Arrun Soma. L’indagine, che sporca il buon nome del paese, è stata definita dal Primo Ministro Christopher Luxon come “un giorno buio”, confermando che avrebbero potuto fare di più e meglio.
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