“Continuare a dare armi non fermerà la guerra” così Matteo Salvini ha espresso il suo disappunto sulle decisioni del governo in materia bellica all’alba del summit della Nato a Washington. Giorgia Meloni, però, non sembra aver dato troppo peso alle parole del suo vicepremier leghista, che ormai da settimane cerca di smarcarsi e di emergere nel contesto europeo con posizioni anti atlantiste e contrarie a quelle premier.
Meloni, Tajani e Crosetto da Washington hanno però dettato una linea dura e precisa: “sì” agli aiuti a Kiev, “sì“ al raggiungimento del 2% del Pil investito in spese militari, ma “no” al conflitto diretto con Mosca, perché “l’Italia non è in guerra con la Russia“. Gli aiuti militari che il nostro Paese continua ad inviare all’Ucraina, quindi, verranno utilizzati sempre e solo in un’ottica difensiva e non potranno essere utilizzati in territorio russo. La linea rimane la stessa di qualche mese fa e grandi cambiamenti non sono previsti all’orizzonte.
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L’Italia, ad oggi, dovrà concentrarsi su due fronti principali per quanto riguarda il conflitto russo-ucraino. Da un lato l’impegno a raggiungere il 2% del Pil, con un’esborso di altri 10 miliardi di euro oltre a quelli già investiti, e dall’altro all’invio di difese aeree al Paese vittima dell’attacco russo, come previsto anche dal memorandum firmato dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Meloni ha dichiarato che entrambi gli impegni saranno rispettati dall’Italia, che agirà però sempre “secondo i suoi tempi e secondo le disponibilità“.
Meloni: “L’Italia è tra i maggiori contributori delle missioni e operazioni di pace“
Anche a Washington, come a Bruxelles, Giorgia Meloni ha voluto ricordare il peso del nostro Paese nelle relazioni e missioni internazionali. “Siamo tra i maggiori contributori nelle operazioni di pace” ha infatti dichiarato il Presidente del Consiglio, allineandosi con le dichiarazioni di Tajani e Crosetto che da mesi sostengono l’importanza del sostegno italiano alla causa di Kiev.
L’obiettivo è una pace giusta e duratura, ma allo stesso tempo il nostro Paese è intenzionato a sostenere il “diritto all’integrità territoriale dell’Ucraina“. Per questo, i sostegni militari ed economici risultano ovviamente fondamentali. Secondo le stime presentate da Ansa, l’Italia avrebbe speso circa 1,825 miliardi, con un aumento di 800 milioni rispetto al 2023. Meloni, inoltre, firmerà giovedì la dichiarazione finale del summit che impegna l’Italia a fare la sua parte anche nel fondo di 40 miliardi per Kiev, con una quota di circa 1,7 miliardi, superiore a quella versata ogni 12 mesi nei primi due anni di guerra.
L’importo avrebbe preoccupato diversi membri del governo, ma Meloni ha specificato che tale impegno sarà di natura solamente politica e in quanto tale non sarà giuridicamente vincolante e permetterà a Roma di gestirlo in maniera flessibile.
Gli aiuti a Kiev peseranno sulla legge di bilancio?
La preoccupazione maggiore, per quanto riguarda gli impegni economici nei confronti di Kiev, riguarda la possibilità che tali spese vadano a pesare ulteriormente sulla grave situazione di deficit in cui versa l’Italia nei confronti dell’Ue. Il Paese è in difficoltà e allo stesso tempo si propone di aumentare le spese belliche e di aiutare Nazioni estere. La soluzione su cui il governo Meloni avrebbe messo gli occhi, riguarda la possibilità che tali esborsi non vengano conteggiati dal nuovo patto di stabilità.
Su questa ipotesi, però, potrà decidere solo la stessa Unione europea. Qui, allora, si gioca l’importanza di un nome italiano nella prossima Commissione Ue. Giorgia Meloni deve saper giocare bene le sue carte, non solo oltreoceano, così da permettere al Paese di avere un po’ di respiro. Il prossimo 18 luglio sono previste le nuove votazioni a Bruxelles e l’esito della giornata potrebbe iniziare a delineare il cammino dell’Italia, almeno per i prossimi cinque anni.
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