Lo studio elaborato dalla Sapienza analizza 57 milioni di post e diffonde un nuovo modello che dà un peso maggiore al contenuto. I ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, sulla rivista PNAS Nexus, demoliscono il così detto “paradigma Ferragni“, (ovvero il divinizzare la quantità a discapito della qualità, in termini di follower), dichiarando che per avere successo sui social è la qualità dei follower a fare la differenza, non la quantità. Infatti, analizzando 57 milioni di post relativi a 15 anni, Walter Quattrociocchi, responsabile del Centro per la Data Science e la Complessità per la Società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza, afferma che il detto “pochi ma buoni” ha validità anche in rete. A confermarlo è il lavoro intitolato “Followers do not dictate the virality of news outlets on social media”.
La legge di Gibrat
Molti si chiedono come si arriva al successo sui social. La risposta arriva dall’analisi dell’attività su Facebook di oltre 1000 notiziari europei, elaborata attraverso la legge di Gibrat. Questo framework d’analisi ha evidenziato che i meccanismi di crescita dell’engagement non sono strettamente correlati alla grandezza iniziale della pagina, ma dipendono da molti altri elementi. Secondo Emanuele Sangiorgio, ricercatore dell’Università Sapienza di Roma, il mondo social ha regole diverse rispetto al web tradizionale, e la capacità dei contenuti di attirare l’attenzione non dipende dall’influenza tradizionale delle fonti di notizie.
Leggi Anche
Il contenuto scelto modifica le norme della pubblicità
La ricerca mette in discussione le idee tradizionali sulla quantità di follower e propone un nuovo modello che dà maggiore importanza al contenuto. Questo approccio incrementa il valore dei contenuti rispetto ai corrispettivi organi di stampa. Quattrociocchi sottolinea l’importanza di comprendere come circolano le informazioni e come l’influenza non dipenda esclusivamente dal numero di follower. Ribadisce che il contenuto scelto dagli utenti può modificare completamente le norme della pubblicità.
© Riproduzione riservata