Serena Mollicone, svolta nel caso: chiesti 24 anni per il maresciallo Mottola

Nella requisitoria, per gli imputati, l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola, il figlio Marco e la compagna Annamaria, sono stati chiesti rispettivamente 24 anni e 22 anni di reclusione

Redazione
4 Min di lettura

Ennesimo caso di femminicidio, quello che ha visto come vittima la 18enne Serena Mollicone. Ma il caso sembra avere una svolta. Nella requisitoria, per gli imputati, l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola, il figlio Marco e la compagna Annamaria, sono stati chiesti rispettivamente 24 anni e 22 anni di reclusione. Ad aver avanzato le richieste dall’aula dei sostituti procuratori Francesco Piantoni e Deborah Landolfi durante il processo di secondo grado alla Corte d’Assise d’Appello di Roma per la giovane uccisa nel 2001.

Il motivo di una pena maggiore per Franco Mottola e a rendere più grave il suo comportamento è aver ricoperto quel ruolo pubblico all’interno di una caserma avendo dovuto impedire quanto accaduto alla ragazza, ha affermato la Landolfi durante il processo. Ad aggravare la posizione della moglie e del figlio sono state la mancata ammissione della responsabilità e la mancata cooperazione. 

Caso Mollicone, la dinamica 

Tornando al 2001, la giovane era inizialmente scomparsa per poi essere ritrovata la sua salma in un bosco dopo 3 giorni. Il ritrovamento lascia spazio all’immaginazione facendo pensare ad un rapimento. Infatti nel reperimento il corpo aveva la mani e i piedi legati con un sacchetto a coprire la testa. A seguito, l’autopsia conferma che il motivo della morte è stato il soffocamento. Nel corso del tempo, il brigadiere Santino Tuzi aveva confessato che il 1° giugno Serena avesse messo piede in caserma senza esserne mai uscita. Misteriosamente poi, nel 2008 Tuzi morì suicidato. Già dal 2011 entra nel registro degli indagati Franco Mottola, insieme alla moglie e a suo figlio a seguito di un litigio avvenuto nell’abitazione dell’ex comandante.

Nel 2016, dopo la riesumazione, la Dottoressa Cristina Cattaneo sottolinea che sul corpo della vittima è avvenuta l’asportazione degli organi genitali forse per distruggere tracce. A destare  dubbi è l’arma del delitto che è al centro delle indagini e che fa ricadere la piena responsabilità su Mottola. Stando alle ricostruzioni, ciò che lo renderebbe colpevole è la dinamica dell’incidente secondo cui l’ex maresciallo avrebbe spinto la testa della ragazza contro una porta creandole una frattura cranica. 

Le indagini

Da una nuova scoperta avvenuta nel 2018 si è evinto che il luogo dell’omicidio sarebbe stato proprio la caserma di Arce. Gli indagati, i 3 della famiglia Mottola più 2 carabinieri complici, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, sono stati assolti dalla Corte d’Assise nel 2022 dopo la chiusura del caso avvenuta nel 2019. Il caso è stato poi riaperto dalla Corte d’Assise di Roma su richiesta della Procura Generale, per ascoltare le testimonianze di 44 persone.

Secondo i procuratori Piantoni e Landolfi non sono state messe in atto dalla famiglia comportamenti protettivi nei confronti della ragazza all’interno dell’appartamento dove avevano accesso solo i Mottola. Per tutelare il figlio ed evitargli conseguenze penali, hanno ucciso la ragazza ed eliminato le tracce. In conclusione, i procuratori hanno chiesto l’assoluzione di Quatrale, 4 anni per Suprano definendo che il fatto non costituisce reato.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo