La battaglia di Balaclava (Guerra di Crimea 1854) molto offrì all’iconografia storica: l’errore foriero di stragi nella carica di cavalleria britannica contro l’artiglieria russa (la “carica dei 600“), l’incapacità degli alti comandi, la “sottile linea rossa“, i pochi fucilieri scozzesi sufficienti solo per due file e che respinsero il nemico. Nella Balaclava europea d’oggidì gli errori dell’alto comando ‘patriota’ hanno mandato a sbattere le truppe contro i cannoni dei signori dell’UE. Che la comandante oggi rivendichi la disfatta come un successo la omologa al generale responsabile che scrisse un poema a lode del massacro.
Si è verificato quanto predetto da chi fosse dotato di semplice buonsenso e non abbagliato dalla luce del successo, né accecato dall’odio. La destra italiana ne esce sconfitta e gabellata da ipocrite attestazioni di stima, proprio da chi l’ha lasciata letteralmente fuori dall’uscio. Ci sarà forse uno scambio residuale da truppa a mezzo rancio: dati di voti utili a tappare le falle di disertori ‘franchi tiratori‘ e soldo compensativo con qualche carica utile per il pennacchio e per le gabole minori.
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La comandante si è spesa in una politica estera di accreditamento internazionale. Era sorretta dalla convinzione che l’importanza strategica dell’Italia, il peso specifico, storico, quantitativo, economico non avrebbe mai potuto consentire una sottovalutazione del ruolo della Nazione. Seguire pedissequamente le orme di UE e USA in economia, organizzazione dei conti statali, politica estera, avrebbero fatto aggio alla collocazione politica del proprio governo e dato rilievo alla posizione dell’Italia. Infine la presidenza dei Conservatori europei avrebbe fatto il resto.
In parole povere la comandante mirava a sedersi nel salotto buono e da lì contare di più. In nome di questo obbiettivo venivano renunziate molte promesse e messi nel cassetto i target proclamati. Farne un elenco sarebbe inutile se non per richiamare l’ineguagliabile film di Dino Risi “La marcia su Roma” (1962). I camerati Rocchetti (Vittorio Gassman) e Gavazza (Ugo Tognazzi), marciando su Roma con in tasca il programma dei Fasci di combattimento, cancellano con un lapis i punti via via disattesi. All’arrivo ne rimane soltanto uno. Delusi e dismessa la camicia nera assistono da spettatori alla sfilata del trionfo dei marcianti dove il duce annuncia di giurare fedeltà al re. Tognazzi tira fuori di tasca il foglio programmatico e cancella con un tratto di lapis l’unico punto rimasto: la Repubblica.
Così gli immaginari marcianti odierni avrebbero potuto cancellare l’ultimo punto “Mai firmare un patto di stabilità imposto dall’UE“. Senza posti né onore sembra terminare la cavalcata nel mondo di cancellerie, banche e compagnia. Si chiude una porta e si apre un portone. La delusione per le politiche UE ha provocato un malcontento diffuso, giustificato soprattutto dal regresso delle condizioni di vita di centinaia di milioni di cittadini unionisti. C’è stata una ribellione con l’allontanamento dal voto di masse sterminate di popolo e l’esito relativamente premiante per le cd destre europee.
C’è stata una vistosa punizione di chi oggi si è nuovamente spartito le cariche tamquam non esset, senza neanche l’accenno a un mea culpa . C’è un’Europa mediterranea e dei paesi poveri sconsolata, afflitta dai mantra nordisti e pangermanici, impoverita e senza futuro. C’è la Francia che comunque vadano le cose potrebbe essere valida partner nella via al cambiamento.
C’è un quadro per organizzare una “sottile linea rossa” strutturata e alternativa al pensiero unico, all’arricchimento smodato di banche e finanza, per il recupero delle risorse identitarie per la costruzione di un’Europa federale e politica, con un’anima e fedele ai principî che la immaginarono. Tutto all’interno dell’Unione Europea, nel recupero dei valori originari. Dicono che Giorgia abbia gli attributi, le capacità, la durezza e la determinazione. Vediamo se ci sarà la volontà.
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