Toti più pericoloso di un “caporale”? Benvenuti nell’inferno della giustizia

Piero Sansonetti, direttore de L'Unità, paragona il caso del Presidente della regione Liguria con quello del titolare che ha lasciato il suo dipendente ferito su una strada come un sacco dell'immondizia. E si chiede: "Nella nostra società qual è la gerarchia dei reati?"

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Nel nostro Paese l’opinione comune vede la giustizia come un procedimento che troppo spesso utilizza due pesi e due misure. Pene brevi, spesso non commisurate al reato compiuto, almeno secondo i cittadini italiani. Eppure, l’ultima parola spetta sempre al giudice e su questo non si transige. Da poco meno di due mesi, però, in Italia si sta assistendo ad un processo, purtroppo sia mediatico che giudiziario, nei confronti di un presidente di Regione, che all’alba delle elezioni europee e amministrative, è stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Giovanni Toti, il 7 maggio scorso, è stato accusato di corruzione semplice continuata e corruzione aggravata dall’aver agevolate la mafia e il falso. Accuse complesse su cui continuano ad indagare le autorità preposte e su cui si è espresso lo stesso Toti. In un interrogatorio durato quasi una giornata, il governatore ha spiegato le sue motivazioni ed ha confermato i finanziamenti ottenuti da imprenditori, giustificandoli però sempre con un fine di sostentamento politico. Sono stati molti i “non ricordo” ma sulle dimenticanze non è possibile costruire un processo.

A circa un mese e mezzo di distanza, un operaio di origini indiane è deceduto a seguito di un incidente sul lavoro in un’azienda agricola di Latina. Travolto da un macchinario, Satnam Singh ha perso un braccio e riportato diverse fratture. Invece di essere soccorso, è stato abbandonato dai suoi datori di lavoro come un sacco dell’immondizia. Oggi, il titolare della Agrilovato, azienda in cui Satnam lavorava senza regolare contratto per pochi euro al giorno, è libero e la sua azienda continua a produrre senza freni.

Le due vicende sembrerebbero non essere collegate in alcun modo, eppure, Piero Sansonetti, direttore de L’Unità, individua in queste due vicende un filo rosso non trascurabile. “È più pericoloso Toti o lo schiavista di Latina?” è questa la domanda che si pone il giornalista, chiedendosi ancora una volta in che modo funzioni realmente la magistratura italiana e se questa sia diventata purtroppo la ghigliottina della politica del nostro Paese.

Nella nostra società qual è la gerarchia dei reati?

Con questa domanda Sansonetti mette in chiaro che la sua critica non riguarda la mancata carcerazione del titolare della Agrilovato ma il funzionamento della macchina della giustizia italiana. Il giornalista ricorda che l’articolo 13 della Costituzione italiana “ammette l’arresto in assenza di condanna solo per casi gravi stabiliti dalla legge“, ovvero, “per rischio di fuga, per rischio di inquinamento delle prove o per rischio di ripetizione del reato“.

Nei due casi presi in considerazione, l’unico pericolo realmente possibile è quello della reiterazione del reato. Eppure Toti è agli arresti domiciliari e Renzo Lovato è libero. Inoltre, ad aggravare il quadro c’è il piccolo dettaglio per cui il titolare della Agrilovato è protagonista di un’indagine per caporalato che prosegue ormai da cinque anni, mentre il Presidente di Regione è incensurato. Eppure Giovanni Toti è agli arresti domiciliari e Renzo Lovato è libero. Qui si gioca la contraddizione che evidenzia Piero Sansonetti.

Quali sono considerati i reati più gravi e quali i reati begatellari?” si chiede ancora Sansonetti, prima di decretare: “Dalla vicenda Toti-Latina capiamo una cosa evidente. Pezzi importanti della magistratura, in particolare delle Procure, ritengono qualunque reato che riguardi i politici molto più grave degli altri reati e in particolare dei reati contro la persona“.

La differenza di peso delle accuse tra Toti e Lovato

Il direttore de L’Unità parla di “vergogna” facendo riferimento al disinteresse di giornali e politica nei confronti delle accuse rivolte alla Agrilovato. “Forse Nordio ha mandato gli ispettori a capire perché l’indagine sul caporalato fosse ferma da cinque anni? No. Non è stato neanche sfiorato dall’idea. Forse qualcuno nel governo ha pensato che bisogna dare il permesso di soggiorno ai migranti clandestini che lavorano nei campi, per sottrarli alla schiavitù? No. Nessuno. A loro va bene così“, così Sansonetti affonda contro coloro che chiudono gli occhi davanti alla morte di un uomo, per poi riaprirli davanti a un’accusa di corruzione.

L’accusa principale contro Toti è di essere andato a parlare con l’imprenditore Spinelli su uno yacht. Il reato consiste nella violazione delle norme dello ‘stato etico’. Perciò è intervenuta la magistratura in emulazione della polizia morale che agisce in Iran” ha tuonato Sansonetti, aggiungendo ancora più duro: “Il problema è che stanno costruendo non solo uno ‘stato etico’, ma stanno costruendo uno stato etico fondato su un’etica orrenda (e secondo me fascista). Questa: “È reato far politica, è permesso assoggettare gli schiavi“.

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