Il confronto con i costi affrontati nel resto d’Europa per le università pubbliche, rende la situazione italiana ancora più paradossale. In Germania, per esempio, non esistono tasse universitarie, ma solo contributi semestrali compresi tra 100 e 350 euro, che spesso includono anche i trasporti pubblici. In Francia, le tasse variano da 170 euro per una laurea triennale a 380 euro per un dottorato. La situazione è diversa in Spagna, dove i costi delle lauree triennali possono variare da 150 a 3.500 euro all’anno, mentre un master può costare tra 300 e 3.500 euro a seconda dei crediti. Nei paesi scandinavi, come Svezia, Danimarca e Finlandia, lauree e master sono addirittura gratuiti.
“Complessivamente, l’Italia si colloca tra i paesi con la tassazione universitaria più alta, insieme a Paesi Bassi e Spagna, ma con sistemi di diritto allo studio meno efficaci” ha spiegato Simone Agutoli dell’Esecutivo nazionale Udu, presentando la ricerca. “Gli interventi degli ultimi anni hanno migliorato la situazione italiana, ma la tassazione media per i paganti è aumentata, e i costi per i master restano particolarmente elevati senza agevolazioni significative.“
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Almeno 11 università richiedono tasse fuorilegge
La tassa media per gli studenti iscritti agli atenei pubblici italiani oscilla tra i 900 e i 1.000 euro, mentre per gli atenei privati la media si attesta a 3.408 euro annui. Un master presso un ateneo pubblico costa in media 3.543 euro all’anno, ma può raggiungere vette esorbitanti, come i 10mila euro richiesti da Sapienza per un master in Marketing Managment da 60 cfu. Complessivamente, la contribuzione studentesca per gli atenei pubblici italiani ammonta a circa 1,5 miliardi di euro, cifra che sale a 1,8 miliardi considerando tutti i proventi per la didattica.
Se ciò non bastasse a ritrarre fedelmente un paese che, invece di investire nell’istruzione, spreme le famiglie e fornisce un trampolino di lancio per la fuga di cervelli, l’Udu denuncia il comportamento scorretti di 11 atenei italiani che supererebbero il limite di tassazione imposto per legge, raccogliendo illegalmente 68 milioni di euro. Gli atenei incriminati includono l’Università Insubria, il Politecnico di Milano, Venezia Ca’ Foscari, Milano Bicocca, Milano Statale, Verona, Bologna, Piemonte Orientale, Modena-Reggio Emilia, Padova e probabilmente Venezia IUAV. Con una seconda simulazione, altri tre atenei (Udine, Pavia e Torino) si aggiungono alla lista, portando il totale dello sforamento a 92 milioni di euro.
La richiesta di Udu per un’università gratuita
“È assurdo che ci siano così tanti atenei che violano la legge e nessuno dica nulla. La ministra Bernini non se ne è accorta?” ha commentato Agutoli. La normativa vigente stabilisce che le università possono chiedere al massimo il 20% di contribuzione studentesca rispetto al finanziamento ordinario statale. Questa violazione è stata confermata dal Consiglio di Stato, che ha condannato l’Università di Torino a rimborsare 39 milioni di euro, a seguito del ricorso di Udu nel 2018.
La ricerca mette anche in luce enormi divari territoriali nella tassazione media tra gli atenei italiani. Le università del Nord Italia tendono a ottenere un gettito estremamente più elevato rispetto a quelle del Sud, aggravando ulteriormente le disuguaglianze regionali. La tassa media per iscritto varia da 400-500 euro per atenei come Sassari, Foggia, Napoli Orientale e Calabria, fino a 1.400-1.600 euro per Insubria, Politecnico di Milano e i due atenei di Venezia. Simone Agutoli ha criticato il governo Meloni per aver fermato i progressi nella riduzione delle tasse universitarie e ha richiesto che l’istruzione universitaria diventi completamente gratuita, finanziata dalla fiscalità generale, con uno stanziamento aggiuntivo di 2,2 miliardi di euro.
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