Taranto, impianto di pescicoltura sversava liquami in mare: 5 indagati

L’Italia! Il sole, il mare, il buon cibo e… l’inquinamento. Troppo spesso prodotto volontariamente dagli stessi cittadini che, invece di proteggere con le unghie e con i denti quel patrimonio paesaggistico che è alla base della nostra cultura, stile di vita ed economia, decidono di devastarlo per pigrizia o mero risparmio di risorse e denaro

Redazione
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A Taranto, cinque persone sono attualmente al centro di un’indagine per il presunto sversamento illegale – sia in mare che direttamente nel suolo – delle acque di scarico provenienti da un importante impianto di pescicoltura, cosa che avrebbe intossicato l’ecosistema e gli allevamenti degli altri impianti presenti nella zona. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero compiuto l’atto col fine di risparmiare circa 360mila euro del regolare processo di smaltimento, trascurando gli impatti devastanti delle loro azioni sull’ambiente circostante. 

Taranto: la svendita di un disastro ambientale

Un comportamento che avrebbe portato all’alterazione dell’ecosistema marino, con conseguente contaminazione del pescato proveniente dall’area interessata, in cui si registra un alto numero di impianti simili. Per evitare i controlli, i cinque soggetti avrebbero utilizzato un sistema di bypass per deviare e sversare le acque di scarico prima in mare e successivamente nel suolo.

Tutto ciò si è verificato all’interno di un’area soggetta a rigidi vincoli paesaggistici, ambientali, idrogeologici e demaniali, caratterizzata dalla presenza di numerosi impianti di allevamento ittico, soprattutto di mitili e vongole. I responsabili dell’impianto di pescicoltura e i loro dipendenti sono stati notificati di avvisi di garanzia per una serie di reati, tra cui inquinamento ambientale, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, gestione illecita dei rifiuti e mancata esecuzione di provvedimenti legali.

L’impianto di pescicoltura era già stato sequestrato

È importante sottolineare che l’impianto in questione era già stato sottoposto a sequestro nel 2019 per occupazione demaniale abusiva, con la concessione temporanea della facoltà d’uso da parte del Tribunale, con la condizione che lo smaltimento delle acque reflue avvenisse solo tramite autocisterne.

Durante le indagini, è emerso che i cinque soggetti avrebbero eluso i controlli installando, di notte, una tubatura per deviare e sversare le acque di scarico sia in mare che nel suolo. La Guardia Costiera ha evidenziato la pericolosità di tale attività, che ha introdotto incontrollatamente nel mare e nel suolo batteri come l’escherichia coli, scarti di mangime, feci animali e sostanze chimiche nocive, causando gravi danni all’ecosistema marino e all’ambiente circostante.

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