Siccità, allarme anche per l’apicoltura: l’Abruzzo perde il 50% del miele

Redazione
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Scatta l’allerta e il comparto degli apicoltori, che conta centinaia di aziende con una media di cinque lavoratori ciascuna, mostra preoccupazione per i cambiamenti climatici che stanno alterando l’ecosistema  

«Scomparse le stagioni intermedie come la primavera, si passa dal freddo dell’inverno al caldo improvviso, con grave compromissione del ciclo naturale di vita delle piante. Le fioriture sono passate dai 15/20 giorni a 7 giorni. I fiori sbocciano prima per il caldo anticipato, ma finiscono in fretta perché le temperature, troppo alte, bruciano le piante. La compressione delle stagioni crea il fenomeno di sovrapposizione delle fioriture, con grave danno per la produzione di miele monofiore». Così Luca Finocchio, apicoltore nomade di Tornareccio (CH), patria del miele d’Abruzzo, dipinge all’Ansa la triste condizione che il pianeta intero sta fronteggiando per via della siccità

I cambiamenti climatici repentini – cui stiamo assistendo negli ultimi anni – non permetterebbero una produzione agevole: «Noi andiamo dal mare alla montagna a caccia di fioriture di acacia, coriandolo, sulla e girasoli, ma abbiamo bisogno di tempo per gli spostamenti degli alveari. Il poco tempo di vita del fiore e la sovrapposizione delle fioriture non consente alle api di raccogliere tutto il polline prodotto, che rimane a bruciare. Sebbene nelle singole aree, spesso, in media il raccolto sia più alto, nel complesso si registra un calo di oltre il 50% della produzione. A questo calo contribuiscono il caro carburante e l’aumento dei costi dell’energia e dei materiali necessari alla produzione come vasetti e coperchi. Negli ultimi anni questo lavoro è diventato più faticoso e meno redditizio».

Il rischio vero che si corre secondo Finocchio è perdere le api: «La produzione del miele e gli altri prodotti come pappa reale, cera e propoli, rappresenta solo il 17% del lavoro svolto dalle api. La vera funzione di questo prezioso animale è quella di far riprodurre tutte le piante da fiore, esistenti in natura, attraverso l’impollinazione che è il trasporto dei granelli di polline dalla parte maschile a quella femminile dell’apparato riproduttivo delle piante, che producono semi. Questa attività delle api rappresenta l’83% del loro lavoro». L’obiettivo dovrebbe dunque essere quello di salvaguardare questi insetti: «Lo hanno capito bene in Cina, dove in alcune zone in cui sono scomparse le api, sono gli uomini a fare il lavoro di impollinazione».

Finocchio conclude con una riflessione: «Comprare il miele italiano significa contribuire al lavoro e alla missione degli apicoltori di tenere in vita le api. Le api, a loro volta, sono la garanzia di vita di tutta la flora e dei prodotti del mercato ortofrutticolo. Una catena virtuosa, drammaticamente a rischio per il cambiamento climatico, il cui prezzo non è pagato solo dal comparto dell’apicoltura, ma da tutta l’economia e dalle persone stesse».

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