Niger, le truppe italiane restano sole dopo il ritiro americano: ne varrà la pena?

Il colpo di stato in Niger, condotto dal generale Tiani, sta lentamente trasformando gli equilibri di potere nella regione del Sahel e il rapporto che questo ha con le potenze europee e statunitensi

Redazione
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Il repentino cambio di leadership del Niger ha portato ad un arretramento dei sentimenti democratici nel paese, avvicinandolo invece alla Russia, come già avvenuto in passato per le nazioni confinanti. Un contesto complesso che non dovrebbe essere sottovalutato, in quanto rapresenta anche la perdita, per gli stati occidentali, di un porto sicuro da cui avere accesso alla regione, oltre ad un ottimo partner commerciale da cui rifornirsi di materiali preziosi e rari come l’uranio. 

Tiani Niger
Il generale Tiani, a capo del Niger dopo il colpo di stato

Ritiro delle truppe americane: l’incognita di Agadez

La pressione del nuovo “governo” ha portato gli Stati Uniti a prendere la difficile decisione di ritirare le proprie truppe dal Niger. I 1000 soldati che attualmente si trovano sul territorio nigerino verranno evacuati nei prossimi giorni. Resta in bilico la situazione della base militare di Agadez, e in particolare la piattaforma da cui gli USA facevano partire i droni e gli aerei da ricognizione con cui monitoravano i gruppi armati della regione. 

La perdita della base rappresenta un duro colpo al potere di controllo americano sul Sahel, soprattutto in vista della più che probabile avanzata russa. Attualmente, il governo Biden sta cercando una nuova postazione in cui insediare la sua base, ma in ogni caso, qualsiasi spostamento allontanerà di molto l’avamposto americano dalla regione. Nel frattempo, invece, il governo Meloni ha dichiarato che le truppe italiane presenti sul territorio non verranno fatte rientrare in patria. Pur essendo una democrazia occidentale, la situazione italiana è ben diversa da quella americana, a partire dagli interessi che portano il nostro stato a continuare ad investire nel territorio nigerino. 

Base militare americana in Niger, Agadaz
Base militare americana, Agadez

Missione italiana in Niger: investimento per il futuro o fallimento annunciato?

Il piano originale italiano è quello di trasformare il Niger nel punto di partenza del Piano Mattei, per consolidare il ruolo italiano nel continente africano. Al cambio della leadership del Niger, il governo italiano è riuscito a mantenere un buon rapporto con i generali nigerini, mantenendo intatti i processi di cooperazione economica e militare tra le due nazioni. L’intenzione del governo Meloni è quello di riuscire a trattare con il governo del Niger, qualunque esso sia, per riuscire a dare un giro di vite al fenomeno migratorio che parte dalla regione in direzione delle coste del Mediterraneo. 

Dopo il ritiro francese e americano, l’Italia è rimasta ufficialmente l’unica potenza europea ad essere presente militarmente in Niger. Attualmente, sul territorio nigerino, sono presenti 350 soldati italiani e si attende l’arrivo di altri 150. Inoltre, sono presenti anche 100 mezzi di terra e 6 velivoli. L’aeronautica militare si è dimostrata in grado di riorganizzarsi rapidamente, in modo da riuscire a portare rifornimenti nella nazione senza dover fare affidamento ai mezzi della NATO.

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Nonostante l’inquietudine scatenata dal miglioramento dei rapporti tra Niger e Russia, la missione italiana nel paese sembra in grado di resistere all’abbandono degli alleati. Resta però da vedere se da un punto di vista economico la missione rappresenterà un successo o un buco mangia soldi destinato a fallire: il Piano Mattei porterebbe certamente dei benefici alla nazione, ma il contesto politico del Niger non sembra intenzionato a virare verso una nuova democrazia con cui poter trattare, e sostenere centinaia di uomini e mezzi in un’altra nazione per tanto tempo senza il sostegno degli altri paesi, potrebbe andare a gravare pesantemente sulle finanze dell’Italia.

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