Corea del Sud: Movimento 4B, tra diritti negati e crisi demografica

Il movimento 4B in Corea del Sud sta mostrando chiaramente al mondo cosa succede se un governo o una cultura decide di discriminare la metà della popolazione in base al genere. Le donne sudcoreane non vogliono più saperne di essere usate come oggetti dal loro sistema patriarcale e decidono di non volere più sposarsi e mettere sù famiglia

Redazione
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Le ultime statistiche sulla natalità in Italia hanno messo in agitazione il paese, andando a registrare il numero di neonati più basso di sempre: appena 6 per ogni 1000 abitanti. Eppure, ci sono paesi al mondo in situazioni addirittura peggiori della nostra, con la Corea del Sud in cima alla classifica per il tasso di fertilità più basso del mondo.

Cos’è il movimento 4B?

Il declino della fertilità in Corea del Sud è attribuibile a una serie di fattori complessi. Da un lato, vi sono le sfide economiche legate all’alto costo dell’allevamento dei figli, l’inaccessibilità degli alloggi, le scarse prospettive di lavoro e i lunghi orari lavorativi. Dall’altro, esistono problematiche più specificamente legate al genere, come la discriminazione sul lavoro contro le madri, la violenza di genere diffusa nelle relazioni, e le aspettative sociali che vedono ancora le donne come principali responsabili della gestione familiare.

Eppure, negli ultimi anni, la riduzione delle nascite risulta essere principalmente il risultato del “Movimento 4B”, in cui le B rappresentano le parole coreane bihon, bichulsan, biyeonae e bisekseu rispettivamente per matrimonio, parto, appuntamenti e sesso. Un movimento che ha lo scopo di combattere la cultura patriarcale e misogina della Corea del Sud, che ha contribuito all’oppressione delle donne attraverso i tradizionali ruoli di genere legati alle relazioni e alla maternità. Lo “sciopero delle nascite” e lo “sciopero dei matrimoni” sono diventati sempre più popolari negli ultimi anni causando di conseguenza un crollo nel numero di nuove nascite.

Il governo sudcoreano fa orecchie da mercante

La risposta del governo a questa crisi è stata controversa. Il presidente Yoon Suk Yeol ha alimentato le tensioni accusando il femminismo per il basso tasso di natalità e cercando di abolire il Ministero coreano per l’uguaglianza di genere. Questi atti hanno scatenato proteste da parte delle femministe, che chiedono un maggiore impegno nel promuovere i diritti delle donne e contrastare la misoginia radicata nella società. Inoltre, la nomina di Kim Hyunsook come Ministro per l’Uguaglianza di Genere è stata oggetto di ulteriori polemiche, poiché alcuni ritengono che abbia volutamente trascurato casi di violenza di genere e misoginia.

Presidente Corea del Sud, Yoon Suk Yeol e sua moglie
Presidente Corea del Sud, Yoon Suk Yeol e sua moglie

Con un’inversione demografica imminente e gravi implicazioni economiche e sociali, è chiaro che la Corea del Sud deve adottare politiche più progressiste per affrontare questa crisi. Ciò includerebbe il rafforzamento del sostegno alle politiche di uguaglianza di genere e la promozione di un cambiamento culturale che valorizzi il ruolo delle donne nella società e nell’economia. 

In Italia non siamo ancora arrivati al livello coreano, ma non è certo il caso di tirare un sospiro di sollievo. Molte delle problematiche riscontrate dalle donne sudcoreane sussistono anche nel nostro paese, e se la gestione familiare ha fatto dei significativi passi avanti, grazie alla maggiore consapevolezza delle ultime generazioni, i fattori di natura economica e la mancata assistenza da parte dello stato continuano ad essere delle ragioni capaci di convincere le coppie (e non solo le donne) a non voler diventare genitori.

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