Messina Denaro, tre nuovi arresti per associazione mafiosa: si indaga sul mondo della sanità

Arrestati il tecnico radiologo Cosimo Leone, l'architetto Massimo Gentile e Leonardo Gullotta, che secondo le accuse avrebbero aiutato il boss a mantenere nascosta la sua identità durante il periodo della latitanza

Redazione
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A sei mesi dalla morte del boss Matteo Messina Denaro, proseguono le operazioni del Ros e dei comandi provinciali dei carabinieri di Trapani, Milano e Monza e Brianza con l’obiettivo di sgominare la rete a protezione del boss latitante. In manette questa volta sono finiti l’architetto Massimo Gentile, il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazzara del Vallo Cosimo Leone e Leonardo Gullotta, con l’accusa di concorso in associazione mafiosa.

Secondo gli inquirenti i tre arrestati avrebbero permesso al boss Messina Denaro di vivere una vita agiata e tranquilla, come un normale cittadino italiano, grazie ad un sistema di documenti falsi. Secondo i pm Gianluca De Leo e Piero Padova “la vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno al boss, che ha consapevolmente supportato le funzioni di comando del Messina Denaro, consentendogli una latitanza sul territorio, con documenti, auto e moto, esami clinici e contatti nel mondo sanitario, è stata finora solo in parte svelata“.

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Matteo Messina Denaro

Inoltre, la Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia ha criticato duramente l’omertà che ancora avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla figura di Matteo Messina Denaro, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità“. Secondo i pm, infatti tale omertà avrebbe “ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti“.

Infatti, “nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo (alias Bonafede Andrea), ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire ai magistrati o alla polizia giudiziaria di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante o comunque rivelare quanto appreso direttamente, o anche solo indirettamente, sulle cure prestate all’importante capo mafia“.

Caso Messina Denaro, le accuse contro il tecnico radiologo Cosimo Leone

Gli inquirenti sospettano una rete illegale di insospettabili nel mondo della sanità che avrebbero permesso al boss Messina Denaro di godere di trattamenti speciali durante la cura del suo cancro al colon. Secondo quanto dichiarato dagli investigatori, infatti, il boss avrebbe ottenuto una visita oncologica in tempi record e a seguito della diagnosi sarebbe stato ricoverato e operato dopo soli otto giorni.

Prima pedina a finire in manette è stato il tecnico radiologo Cosimo Leone, che si sarebbe occupato di far fare una Tac urgente al boss, chiedendo anche un cambio turno per essere presente al momento dell’esame radiologico. Leone è anche accusato di aver tenuto al corrente delle condizioni di salute di Messina Denaro Andrea Bonafede (omonimo del geometra che ha prestato la sua identità al capomafia).

Quest’ultimo fece avere al boss un cellulare da tenere durante il periodo di ricovero, in pieno periodo Covid-19, così che il boss potesse continuare ad essere informato su ciò che accadeva fuori dalla struttura. A portare fisicamente il telefono a Messina Denaro sarebbe stato però Cosimo Leone, intermediario tra il boss e Bonafede.

Arrestati Massimo Gentile e Leonardo Gulotta

Per quanto riguarda Massimo Gentile, la Procura di Palermo è convinta che l’uomo abbia prestato la propria identità al latitante per permettergli l’acquisto di una Fiat 500 e il ritiro di un assegno in banca necessario per concludere la compravendita in concessionaria. Le prime ipotesi sorsero dal ritrovamento in casa del boss di un biglietto con su scritto “10mila + 500 per Margot“, in cui Margot è stato riconosciuto come pseudonimo per le auto di proprietà del capomafia nei pizzini e nei documenti.

Le indagini hanno poi individuato una concessionaria di Palermo dove è stata trovata la pratica dell’acquisto dell’autovettura con i documenti consegnati dall’acquirente, tra i quali la fotocopia della carta d’identità intestata a Gentile su cui era stata incollata la foto di Messina Denaro, prova che il boss era andato di persona ad acquistare la Fiat. Per l’acquisito il capomafia ha versato 1.000 euro in contanti e 9.000 attraverso un assegno circolare emesso dalla filiale di Palermo dell’Unicredit di Corso Calatafimi. Allo sportello, per ottenere l’assegno, ha esibito il falso documento, versato euro 9.000 in contanti e dichiarato che il denaro era frutto della propria attività di commerciante di vestiti.

Come recapito telefonico, inoltre, Messina denaro avrebbe lasciato il telefono di Leonardo Gulotta, ritenuto “persona fidatissima e perfettamente informata di ciò che stava accadendo, poiché altrimenti chiunque altro ignaro della compravendita avrebbe, al primo contatto telefonico, allarmato la concessionaria e probabilmente messo a serio rischio la identificazione del latitante“.

Dalle immagini è poi emerso che nel 2007 Giovanni Gentile avrebbe acquistato per conto del boss una moto Bmw che poi lo stesso avrebbe portato a demolire in un’officina a cui si fa riferimento in un pizzino nascosto in una sedia, trovato a casa della sorella di Messina Denaro. Il veicolo, poi, sarebbe stato assicurato e assicurato a a nome di Gentile, che in una delle pratiche ha indicato come la falsa residenza di via Bono e dato come recapito sempre il numero di Gulotta.

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