Festa delle donne: basta con le mimose, servono fatti concreti

L'8 marzo è la Giornata internazionale della donna, ma la festa non basta più. Le donne chiedono fatti concreti per contrastare la violenza di genere e la disparità

Giulia Fuselli
4 Min di lettura

Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin, Marisa Leo, Marina Fontana: sono solo alcuni dei nomi di donne la cui vita è stata spezzata per mano di un uomo. Ogni giorno, la ricorrenza dell’8 marzo ci offre l’occasione per riflettere su questo fenomeno atroce e inaccettabile, una piaga della società moderna che affonda le sue radici in una cultura patriarcale, basata sul possesso e sulla violenza.

Secondo un rapporto del Viminale dal titolo “8 marzo. Giornata internazionale dei diritti della donna. Donne vittime di violenza”, nel 2023 le donne uccise sono state 120. In 64 casi l’omicidio è avvenuto per mano del partner o ex compagno. Questi numeri spaventano, ma non abbastanza. C’è ancora chi crede che la violenza di genere sia una mera pretesa da parte della donna di voler essere al centro dell’attenzione. L’Italia è un Paese che deve ancora fare molto per il genere femminile. Una maggiore consapevolezza deve partire proprio dalle istituzioni, le quali a volte cadono in stereotipi che riflettono un Paese poco attento ai segnali della società.

La festa delle donne non è tutti i giorni

L’esistenza di un report sulla violenza di genere è un indicatore preoccupante della diffusione del fenomeno. È doveroso da parte del Viminale pubblicare i dati relativi a questa piaga sociale, ma è fondamentale ricordare che non si tratta di mere statistiche, bensì di persone e vite umane. Le violenze sessuali, lo stalking e la violenza psicologica sono all’ordine del giorno, con un trend in costante crescita che deve fungere da campanello d’allarme ogni giorno, non solo in occasione della festa delle donne.

Viviamo in una società dove regna ancora una mentalità tossica che colpevolizza le vittime, discrimina le donne lavoratrici e le considera inferiori agli uomini. Affermazioni come “Va bene, ma se l’è cercata!” o “Avete una premier donna, cos’altro pretendete?”, oppure “restate incinte e date il pensiero a chi lavora di dover trovare un vostro sostituto“, sono inaccettabili e alimentano una cultura di disparità e sessismo. Incredibile pensare che ancora oggi, esistano persone che credono fermamente in queste affermazioni. Dati recenti mostrano che in Italia una donna su due ha subito discriminazioni sul lavoro e che il 30% delle donne non denuncia per paura di ritorsioni.

Quante volte abbiamo sentito ripetere: “La festa delle donne non è solo l’8 marzo, ma tutti i giorni”? Una frase d’impatto, certo, ma che, se lasciata a sé stessa, perde di significato. Si risolve spesso nell’ennesimo report sulla violenza sulle donne o sulla disparità di genere. L’Italia deve pretendere di più.

Dobbiamo aspirare a un futuro in cui una donna possa essere ciò che vuole, senza limitazioni o stereotipi, vestire come vuole, senza timore di giudizi o molestie, scegliere liberamente se abortire o meno, senza imposizioni esterne, decidere del proprio futuro, con pari opportunità e autonomia. Un mondo in cui la politica tuteli con norme più stringenti i diritti delle donne e promuova un’istruzione che educhi al rispetto, non solo della donna, ma del prossimo. Perché alla fine siamo tutti uguali. Donne e uomini.

La festa delle donne non basta più. Le mimose non sono più sufficienti. Vogliamo fatti concreti. Vogliamo un cambiamento reale. Solo così potremo celebrare l’8 marzo ogni giorno dell’anno.

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