Gaza, il piano di Netanyahu per il dopoguerra: controllo totale della regione

La guerra non è ancora finita. Non sembra neanche vicina a una fine. Eppure, sembra che Netanyahu abbia già presentato un proprio progetto sul futuro della Striscia di Gaza e la Cisgiordania, su cui intende allargare la propria influenza

Redazione
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Nonostante le affermazioni di Benjamin Netanyahu sull’intenzione di far proseguire la guerra a Gaza ancora molto a lungo, il primo ministro israeliano ha già elaborato un piano dettagliato per il futuro post guerra della Striscia di Gaza, delineando una visione ambiziosa che mira a trasformare radicalmente la situazione nella regione. Il piano, discusso e approvato nel gabinetto di guerra e reso pubblico dall’ufficio del premier, evidenzia un’impostazione decisa nell’affrontare le complicazioni legate alla sicurezza e alla stabilità della zona.

Obiettivo numero 1: la fine del terrorismo

La fase iniziale del piano sarà incentrata sulla neutralizzazione delle organizzazioni terroristiche presenti nella Striscia di Gaza e creare un ambiente più sicuro e stabile. In linea con gli obiettivi a breve termine, Netanyahu ha espresso una determinazione ferma nel debellare le capacità militari e le infrastrutture governative sia di Hamas che della Jihad Islamica, al fine di garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele e per la regione nel suo complesso. 

Tuttavia, il piano va oltre le soluzioni immediate e si estende al medio e lungo termine, delineando una serie di politiche volte a plasmare il futuro della regione in modo significativo. Nel medio termine, Netanyahu propone che Israele mantenga la libertà di operazioni militari “senza limiti di tempo“, con il controllo del confine tra Gaza e l’Egitto per impedire il riemergere di elementi terroristici. 

Hamas
Militante di Hamas

Le mire di Netanyahu su Gaza e Cisgiordania

Uno degli aspetti più significativi del piano riguarderebbe l’amministrazione civile e l’ordine pubblico nella regione. Netanyahu ha proposto che tali settori siano gestiti da funzionari locali con esperienza amministrativa, selezionati (ovviamente da Israele) in modo da accertarsi che non abbiano legami con entità che sostengono Hamas. Ciò includerebbe un programma globale di deradicalizzazione delle istituzioni religiose ed educative nell’enclave, con il supporto di altri Paesi arabi. 

Sul lungo termine, Netanyahu decide di mantenere la sua posizione contro l’idea della costruzione di uno stato palestinese, e intende anche porre fine all’Unrwa, Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi, accusata di aver sostenuto Hamas durante l’attentato del 7 ottobre. Non intenderebbe però lasciare i civili della zona senza assistenza, ma sostituirà l’Unrwa con altre agenzie da lui considerate responsabili. 

L’idea di un progetto di Netanyahu sul futuro di Gaza, può provocare indignazione, ma non stupisce più di tanto. La presenza dell’enclave all’interno del suo territorio e la vicinanza con Libano e Cisgiordania, porterà sempre Israele a cercare di mantenere il controllo sulla regione per salvaguardare sé stessa, e dopo la fine del conflitto, semplicemente tornerà a fare quello che faceva prima del 7 ottobre: continuerà a utilizzare il suo esercito per cercare di reprimere la regione e allargare il suo controllo sul territorio ben oltre i limiti del suo stato.

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