Carceri, ipotesi intesa Albania per risolvere il sovraffollamento

L'ipotesi prevede la possibilità che i detenuti albanesi in Italia vengano inviati a scontare la pena nel proprio Paese d'origine, con la collaborazione del nostro Paese che fornirà corsi di formazione agli istituti penitenziari albanesi interessati

Redazione
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Abbiamo oggettivamente un incremento di circa 400 detenuti in più ogni mese nelle carceri italiane” ha dichiarato Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, durante un’audizione in commissione giustizia dove è stata avanzata una soluzione innovativa.

Al costo di 34 euro al giorno per ogni detenuto albanese recluso nelle proprie carceri, il Regno Unito ha stipulato un accordo con l’Albania affinché sconti la pena nel suo Paese” ha spiegato Russo, sottolineando come il modello possa essere replicato nel nostro Paese: “A noi è venuto in mente di replicare lo stesso accordo anche se con qualche modifica. Abbiamo ipotizzato la possibilità di fornire servizi di tipo penitenziario, invece di inviare soldi all’Albania“.

Carceri, l’ipotesi del rimpatrio dei detenuti albanesi

L’ipotesi avanzata dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, quindi, prevede la possibilità che i detenuti albanesi in Italia vengano inviati a scontare la pena nel proprio Paese d’origine. Un accordo tra il nostro Paese e quello di Edi Rama basato sulla reciproca collaborazione. Da un lato l’Albania che ospiterà i detenuti italiani, liberando così le carcere sovraffollate, dall’altro l’Italia che fornirà agli istituti penitenziari albanesi interessati vari corsi di formazione per i detenuti, così che il loro reinserimento nella società sia più efficiente.

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Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria

Nessuno scambio economico ma solo un “baratto“, come lo ha definito Giovanni Russo, prima di spiegare: “Questo accordo potrebbe aprire all’idea di percorsi professionalizzanti ad hoc per i detenuti, che abbiano interesse a rimanere nel proprio Paese perché hanno nuove professionalità, come detenuti che il carcere italiano ha formato“.

Inoltre, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha ipotizzato anche la costituzione di “un luogo intermedio tra la detenzione e la riconquista delle libertà, sulla falsa riga delle comunità per i tossicodipendenti” indirizzate ai carcerati con fine pena breve, cioè tra i sei i diciotto mesi. Comunità dove i detenuti, che rispettano le condizioni di non recidiva e non pericolosità, potranno iniziare un reinserimento tramite percorsi di formazione.

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