Le modifiche al premierato: no ai tecnici e massimo due mandati

Entro il 29 giugno dovranno essere presentati tutti gli emendamenti: la missione è quella di approvare la riforma della Carta a ridosso della Europee per attrarre voti

Redazione
4 Min di lettura

Mission quasi impossible riuscire a far approvare la riforma del premierato in vista delle Europee, ma il governo non si perde d’animo. I tempi sembrano lunghi e il cammino è impervio ma l’obiettivo è chiaro: far approvare la “grande riforma dell’elezione diretta del premier”, rinominata così in una prima lettura a palazzo Madama, per trainare voti in vista delle Europee.

Per questo tutti i partiti sono al lavoro. Ad essere preoccupati i costituzionalisti di destra e sinistra che non vogliono modifiche alla costituzione e che il potere del Presidente della Repubblica e del Parlamento venga ridimensionato. Sul disegno di legge presentato dal governo le varie parti avranno la possibilità di presentare emendamenti entro e non oltre il 29 gennaio, la scadenza massima prima che il testo arrivi alla Commissione e poi in Aula.

Quali sono le modifiche al premierato

I punti cruciali su cui ieri stavano lavorando Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento, e Elisabetta Casellati, ministro della Riforme, insieme ai capigruppo di maggioranza erano principalmente due. Da precisare che riguardo alla riforma, le prossime mosse non sono del tutto chiare alla maggioranza e neanche sugli emendamenti sono state prese decisioni definitive. Le uniche certezze sono sul metodo: “L’unico punto irrinunciabile è l’elezione diretta del Premier. C’è un’ampia condivisione tra noi, e dopo la discussione generale, se sarà necessario la maggioranza presenterà emendamenti unitari” ha spiegato la ministra autrice del testo al Corriere della Sera.

Quindi, lo zoccolo duro della riforma resta invariato, e cioè l’elezione del premier e l’eliminazione o la modifica del premio di maggioranza per la coalizione o il partito del candidato vincente al 55%. Ora resta solo da ripensare la legge elettorale.

Premierato: due mandati

Nel testo c’era scritto che i mandati non avevano un limite, ora dovrebbero essere un massimo due. Questa non è ancora una certezza ma uno dei tanti nodi da sciogliere sulla riforma. Bisogna capire se ci sarà o no il divieto di un terzo mandato ma non consecutivo e che sia distante almeno una legislatura.

Premierato, caos sul premier di riserva: le ipotesi per i sostituti

E infine il nodo più delicato da sciogliere, la figura di un secondo capo del governo, colui che entrerebbe in scena se ci fossero dei problemi da parte del premier in carica nel terminare il mandato: il famigerato governo tecnico incubo della destra. Le strade su questo tema potrebbero essere due, entrambe scricchiolanti.

La prima consisterebbe nella possibilità che al premier eletto subentri, in caso di crisi, un secondo capo del governo nominato dal capo dello Stato tra i parlamentari di maggioranza per continuare in modo coerente le azioni del primo. Questa ipotesi però, comporterebbe un enorme squilibrio tra la figura del premier “1” e il premier “di riserva”; quest’ultimo avrebbe un potere di scioglimento superiore a quello che verrebbe eletto.

Se si restasse, però, fermi sulla prima ipotesi, cioè quella presentata da Casellati nel testo originario, il simul stabunt simul cadent, avremmo sempre un problema legato a squilibri di potere. In questo caso a perderlo sarebbe il Capo dello Stato: se il premier cade, secondo questa ipotesi, e si andasse subito al voto per eleggerne un altro il Presidente della Repubblica non avrebbe più il compito di sciogliere le Camere. L’opzione più papabile rimane questa, che fa venire in bocca l’acquolina alla destra al pensiero che al capo dello Stato vengano tolti i suoi poteri effettivi.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo