Ilva, salta l’accordo con Arcelor Mittal: bocciate le proposte del governo

La società indiana si è rifiutata di sborsare i 320 milioni richiesti per il salvataggio dell'Ilva bloccando il passaggio di Invitalia a socio di maggioranza

Redazione
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Il salvataggio dell’Ilva di Taranto sembra allontanarsi sempre di più dopo che il compromesso con ArcelorMittal, che avrebbe dovuto sborsare 320 milioni di euro per il piano di ristrutturazione delle Acciaierie d’Italia è andato fallito. Il colosso indiano ha infatti rifiutato l’accordo che avrebbe potuto salvare la produzione di acciaio tutta italiana, a causa di una mancata intesa tra le parti.

Ilva, l’incontro fallito con ArcelorMittal

Cosa sia realmente successo nell’incontro tra gli esponenti del governo Meloni e i vertici di ArcelorMittal e quali saranno i successivi passi del governo non è ancora dato saperlo. Sembrerebbe, però, che la decisione degli indiani di non accettare le proposte italiane sia dato dal mancato accordo sui nomi del nuovo amministratore delegato e del nuovo Presidente dell’Ilva.

Nella riunione avvenuta ieri, infatti, il governo avrebbe proposto di far salire Invitalia,  l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa di proprietà del Ministero dell’Economia, al 60% del capitale e di far versare alla società indiana 320 milioni di euro necessari per la ripresa dell’Ilva. Come già prospettato dall’ad Lucia Morselli lo scorso ottobre, però, i fondi necessari per il ritorno dell’acciaieria ai ritmi del passato sarebbero in realtà 420 milioni.

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Aditya Mittal, Ceo di Arcelor

ArcelorMittal non si è mostrata convinta e non è servito a nulla neanche il tentativo del governo di far salire Invitalia al 66% del capitale perché, come hanno prontamente ricordato gli indiani, affinché sia possibile cambiare la governance della società occorre che lo Stato si assuma il 77% del capitale. Inoltre, la società indiana ha sottolineato come finora abbia messo il doppio delle risorse rispetto al socio pubblico.

Ilva, la risposta del governo

La risposta del governo non si è fatta attendere e in una nota di Palazzo Chigi di legge: “Il governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale“.

Giovedì ci sarà invece l’incontro tra il governo e i sindacati per comprendere come muoversi nell’ottica del rispetto e della salvaguardia dei lavoratori. “L’indisponibilità di Mittal è gravissima” sottolineano Fim, Fiom e Uilm, mentre i rappresentanti dei metalmeccanici hanno chiesto l’intervento del “controllo pubblico“. Resta infatti incerto il futuro dei ventimila lavoratori, per cui i sindacati richiedono la nazionalizzazione della società affinché sia possibile il rilancio industriale.

Per ora il socio di maggioranza delle Acciaieria d’Italia è proprio Arcelor Mittal, che vuole bloccare gli investimenti, proprio perché lo Stato, socio di minoranza, ha spinto per l’aumento dei finanziamenti e al contempo il passaggio ad azionista di maggioranza. Le vie legali non sembrano evitabili, ciò che resta da chiarire è se in qualche modo sia ancora possibile un accordo tra le parti senza utilizzare il cosiddetto decreto ILVA del 2023, che permette di avviare la procedura di passaggio all’amministrazione straordinaria -così che l’azienda rimanga operativa- anche solo su richiesta del socio pubblico.

Le parole di Urso e Iaia

Il ministro delle Imprese e del Made In Italy Adolfo Urso si è detto fiducioso nella risoluzione del conflitto riguardante l’Ilva proprio per l’intervento del governo nella questione: “Lo Stato è in campo, oggi più che mai, per salvare e rilanciare la siderurgia italiana, anche e soprattutto quella rappresentata dall’ex Ilva di Taranto, da quello che era il più grande sito siderurgico europeo“, per poi concludere che “il governo è in campo con Acciaierie d’Italia, cioè con l’ex Ilva, perché riprenderemo in mano la situazione dopo i disastri che sono stati realizzati dai governi precedenti, per fare di quel sito il più grande sito siderurgico green d’Europa. Noi siamo  convinti di riuscirci“.

Il ministro Adolfo Urso
Il ministro Adolfo Urso

Dario Iaia, coordinatore provinciale FdI Taranto, ha invece colto l’occasione per ricordare le mancanze dell’opposizione, ritenuti “i veri responsabili dell’attuale catastrofe ex Ilva. In particolare, il deputato ha accusato Pd e M5S di “aver giocato una partita contro lo stabilimento siderurgico proponendo la chiusura e raccogliendo così consensi nelle elezioni politiche del 2018. Sono stati loro a regalare senza regole e vincoli la nostra acciaieria nazionale al socio indiano e sono stati loro i primi creduloni o peggio ancora, consapevoli e corresponsabili del fatto che mai avrebbe adempiuto alle promesse di acciaio green“.

Le accuse dell’opposizione ad ArcelorMittal

Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva, invece attacca Urso dando inizio ad un nuovo cortocircuito tra maggioranza e opposizione: “Mittal non ha creduto nel futuro dell’ex Ilva, ma grandi assenti sono la capacità di strategia e l’autorevolezza del governo italiano. Non è possibile che il ministro Urso sia venuto in Parlamento a dire che andava tutto bene, e poi assistere a uno spettacolo come quello di ieri“.

Carlo Calenda leader di Azione
Carlo Calenda leader di Azione

Carlo Calenda si mostra, invece, meno fiducioso definendo il processo dell’Ilva “un lungo calvario, come per Alitalia“. Non si dice pentito dell’accordo siglato quando era ministro dello Sviluppo economico, spostando invece le accuse su “chi ha fatto saltare quell’intesa che era blindata. Da tutta questa vicenda una cosa la possiamo imparare: non puoi usare le fabbriche per  questioni elettorali“.

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