Attentato in Iran, ISIS rivendica la strage: la posta in gioco è l’egemonia sul Golfo

Attraverso un discorso di 34 minuti il nuovo portavoce dello Stato Islamico Abu Hudhayfa Ansar ha dichiarato: “Le guerre arabe sono per il Califfato, no ai nazionalismi palestinesi” e nel mentre ieri in Iraq gli Stati Uniti hanno ucciso Abu Taqwa indebolendo il paese

Lucrezia Caminiti
5 Min di lettura

L’attentato in Iran è stato rivendicato. Sarebbero stati due i kamikaze dello Stato islamico a firmare uno degli attentati più sanguinosi nella storia dell’Iran. Non si sa esattamente come i due terroristi siano arrivati fin lì, nel Kerman, a 700 metri dalla tomba del martire Soleimani e nel giorno della sua commemorazione. Non se lo spiegano neanche gli Iraniani, tanto che Mohammad Jashmidi, consigliere del presidente Raisi, ha dichiarato ironicamente: “Davvero dicono che non sono stati loro? La volpe fiuta sempre la sua tana e fa danno più lontano”. A non essere troppo sicuri della mano che si nasconde dietro l’attentato terroristico nemmeno gli ayatollah.

L’escalation del conflitto è evidente e si conta un’uccisione mirata al giorno: martedì a Beirut, in Libano, mercoledì è toccato all’Iran e giovedì all’Iraq con l’uccisione di Mushtaq Taleb al-Saidi, per tutti Abu Taqwa, capo della sicurezza delle 70 milizie di mobilitazione popolare che sostengono il governo iracheno di Sudan a Bagdad. L’esecuzione è stata decisa dagli Stati Uniti. Ora il governo sciita di Mohammed Shia’ Al Sudani, dopo questa concatenazione di eventi, è ancora più debole e il suo disperato tentativo di barcamenarsi tra l’Iran e l’America non lo sottrarrà dalla pubblica piazza che chiede a gran voce la cacciata delle truppe USA dal territorio. 

La rivendicazione dell’ISIS sull’attentato in Iran

La rivendicazione dell’attentano è stata annunciata con un discorso dal titolo “uccidili ovunque si trovino” tratto dal versetto 191 della seconda sura del Corano. I 34 minuti di rivendicazione sono stati annunciati dal nuovo portavoce dello Stato Islamico Abu Hudhayfa Ansar. Il portavoce afferma che la guerra contro gli ebrei è giusta e deve essere portata avanti secondo i precetti religiosi, in quanto non può diventare un conflitto segnato dai nazionalismi, men che meno quelli palestinesi. Per lo Stato Islamico la Terra Santa e Gerusalemme, con la moschea di Aqsa, sono luoghi santi appartenenti anche a loro. Tra lo Stato Islamico e Hamas la rivalità e l’astio sono forti: la fazione combatte in nome della causa palestinese, accetta le elezioni politiche invece di sottomettersi completamente al volere di Dio e soprattutto perché prende armi e denaro dall’Iran sciita. Lo Stato Islamico è sunnita e questa alleanza per loro è inaccettabile.

Qual è il ruolo dei terroristi

Sicuramente la religione è un fattore fondamentale da tenere in considerazione quando si parla di conflitti in Medioriente, ma questo non deve spostare il focus da alcuni punti caldi. Il rapporto contenzioso tra Iran e Iraq, legato dagli anni ’80 a motivi strategici e territoriali, e tutta la questione del riassetto del Golfo, sono temi da non sottovalutare. Americani, Russi, tutto il Medioriente e le loro relazioni alimentano la complessità dei conflitti e delle tensioni. Indipendentemente da chi rivendica l’attentato i vecchi dissapori restano sempre in piedi, come l’inimicizia tra Iraq e Iran e l’odio di Khomeini nei confronti dell’America. Già dall’esplosione di Kerman una fazione iraniana credeva che l’attentano fosse avvenuto per mano del terrorismo islamico e poi il giorno dopo, effettivamente, ne è arrivata la conferma.

Per questi motivi non c’è da sottovalutare due attori come Iran e Iraq e neanche le loro mire espansionistiche sul Golfo dopo 40 anni di trattati non rispettati. Basta ricordare gli schieramenti quando nel settembre 1980 l’Iraq attaccò l’Iran: L’Iraq poté contare sull’appoggio dell’Arabia Saudita, del Kuwait, del Qatar, del Bahrein, dell’Oman, degli Emirati Arabi Uniti, della Giordania e dell’Egitto. Invece, la Siria di Assad, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), l’Algeria e la Libia, si schierarono a favore dell’Iran.

Gli Stati Uniti e tutto l’Occidente appoggiarono il regime iracheno, anche attraverso aiuti militari, più o meno, dichiarati. Invece, l’URSS sostenne il regime khomeinista contro l’Iraq ed indirettamente contro l’Occidente, pur vendendo, allo stesso tempo, armi anche agli Iracheni. Occorre però ricordare che anche gli USA facevano il doppio gioco poiché, insieme ad Israele, trasferivano materiale bellico all’Iran. Nel 1988 nessuno vinse. Ora, vista la fragilissima situazione e alcune somiglianze, figure carismatiche ed equilibri di poteri, la possibilità che il conflitto possa scoppiare in tutto il Medioriente sembra essere ogni giorno più vicina.

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