Facciamocene una ragione: la riforma della giustizia resterà un’incompiuta anche in questa legislatura. Il Guardasigilli Nordio, alla festa di Atreju, ha detto cose sacrosante sui mali della giustizia italiana annunciando una “rivoluzione copernicana” perché una riforma seria non può attuarsi senza una revisione costituzionale, per la semplice ragione che, quando la Costituzione fu promulgata, i legislatori avevano di fronte non solo un mondo completamente diverso, ma anche un sistema normativo basato sul codice Rocco, che prevedeva il sistema inquisitorio a differenza di oggi.
A fine anni Ottanta è infatti entrato in vigore il codice Vassalli, accusatorio, di ispirazione anglosassone, ma la Costituzione è rimasta la stessa e c’è dunque un’evidente contraddizione, perché un codice moderno presuppone la separazione delle carriere, la discrezionalità dell’azione penale – che peraltro già esiste dietro il falso paravento dell’obbligatorietà – e lo sdoppiamento del Csm, organo di autogoverno della magistratura divenuto il centro motore delle derive correntizie. Nordio ha difeso la politica giudiziaria del governo, dicendo che assetto securitario e garantismo sono due facce della stessa medaglia, e dunque non è un paradosso che da una parte ci sia un comportamento rigoroso sul 41 bis e dall’altro la forte riaffermazione della presunzione d’innocenza come indiscutibile valore costituzionale.
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Va dato atto al ministro della sua determinazione nel portare avanti un approccio garantista e ha ragione quando afferma che il decreto sulla tutela del terzo nelle intercettazioni tra persone è “un decreto rivoluzionario”, dopo lunghi decenni in cui la segretezza degli atti istruttori è stata regolarmente violata, e non c’è alcun vulnus alla libertà d’informazione di fronte ad atti che per legge devono rimanere riservati come le informazioni di garanzia: nessun cedimento, dunque, di fronte all’apparato mediatico-giudiziario che ha impunemente triturato la vita delle persone pubblicando senza soluzione di continuità anche intercettazioni prive di qualsiasi rilevanza penale.
Anche su questo punto, Nordio ha espresso una posizione difficilmente confutabile: sequestrare un telefonino non significa intercettare una serie di comunicazioni, ma sequestrare una vita, perché dentro il telefonino ci sono cartelle cliniche ospedaliere, elementi riservati che arrivano da terzi, oltre ad aspetti rilevanti delle vite private delle persone in cui lo Stato non ha diritto di ficcare il naso.
Esemplare anche il riferimento al diritto romano: il garantismo è un riflesso della cultura giuridica latina secondo cui non bisogna lasciare impunito il delitto ma anche non condannare l’innocente. Questo significa che il diritto deve assicurare la certezza della pena per il colpevole e, contestualmente non condannare l’innocente. Ma l’innocente non dovrebbe essere nemmeno sottoposto a processo, perché il processo è esso stesso una pena, e invece troppo spesso vengono aperte inchieste giudiziarie senza alcun fondamento, solo per inseguire teoremi – spesso a fine politico – non dimostrabili in sede processuale.
Quello di Nordio dunque è un vasto programma riformatore di cui al momento è stata realizzata però solo una parte, anche se è indubbio che qualche passo avanti sul fronte del garantismo sia stato già fatto. Ma lo stesso ministro ha riconosciuto che una vera riforma della giustizia si avrà solo modificando la Costituzione e qui, purtroppo, casca l’asino perché la maggioranza ha deciso di puntare sul premierato, una forma di governo controversa che incontrerà fortissime resistenze in Parlamento e che è destinata, se approvata, a finire sotto le forche caudine del referendum confermativo.
Questo significa rinviare ad libitum la riforma della giustizia, quella di rango costituzionale, non essendo immaginabile che la maggioranza voglia affrontare due referendum costituzionali ad altissimo rischio nella stessa legislatura. La verità è che nella coalizione di governo restano settori giustizialisti che non hanno alcuna intenzione di acuire il conflitto con la magistratura, e l’Anm ha già fatto sapere in tutti i modi di essere pronta alle barricate contro la separazione delle carriere. Per cui il manifesto garantista di Nordio sembra purtroppo destinato a rimanere nel limbo delle grandi promesse liberali incompiute. E il ministro ridotto a un don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento.
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