Trieste, primo suicidio assistito in Italia con l’assistenza completa del SSN

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A Trieste una donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva è morta lo scorso novembre nella sua abitazione, grazie al suicidio assistito autosomministrandosi il farmaco letale, fornito dal Sistema Sanitario Nazionale. Una decisione presa autonomamente dalla donna, circa un anno fa, a seguito delle sofferenze causate dalla sua malattia.

Si tratta della quinta persona in Italia, seguita dall’Associazione Luca Coscioni, ad aver ottenuto il via libera per la morte assistita nel nostro Paese e la terza ad averne usufruito, ma il suo è il primo caso che ha visto il completo supporto del Servizio Sanitario Nazionale, che oltre al farmaco ha provveduto a consegnare anche la strumentazione ed un medico che su base volontaria ha supervisionato la procedura, senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, come previsto dall’Ordinanza Cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste il 4 luglio 2023.

Trieste, l’applicazione della sentenza Cappato

La donna ha dovuto attendere un anno prima di ottenere il via libera del Tribunale di Trieste per il suicidio assistito, dopo aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza “Cappato, che agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili.

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Marco Cappato

Per ottenere l’approvazione di tale sentenza, la donna ha dovuto rivolgersi sia alla giustizia penale che a quella civile. Inoltre, ha voluto a tutti i costi partecipare di persona alla prima udienza civile nel Tribunale a Trieste contro l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), colpevole di essersi rifiutata per ben 215 giorni di verificare le condizioni di salute di Anna come richiesto precedentemente dal tribunale. Tali verifiche sarebbero state fondamentali per permettere ai giudici di prendere una decisione riguardo al caso specifico della donna.

Dopo l’ordinanza di condanna, ASUGI ha applicato la decisione del giudice e si è fatta carico dell’intero percorso del fine vita della cinquantacinquenne, mettendo a disposizione il farmaco, la strumentazione e il personale sanitario volontario.

Trieste, il messaggio post mortem della donna

La donna ha deciso di lasciare un messaggio ai posteri: “Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere“.

Filomena Gallo e Marco Cappato hanno commentato il successo dell’Associazione Luca Coscioni: “Il diritto a scegliere si fa strada nonostante le resistenze ideologiche. Troppa attesa per una persona malata, ora le leggi regionali, anche per evitare altri illegittimi dinieghi come nel Lazio a Sibilla Barbieri“. I due fanno riferimento al caso paradossale che ha visto protagonista la Regione Lazio, che ha negato a Sibilla Barbieri il suicidio assistito, nonostante la donna fosse dipendente da trattamenti vitali.

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