Perché Puma scioglie collaborazione con la nazionale di calcio israeliana

Ad annunciare l’interruzione dei rapporti, per motivi finanziari, tra Puma e la squadra della nazionale israeliana è il Financial Times.

Redazione
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Dal 2024, Puma non fornirà più attrezzature alla nazionale dopo aver deciso di non rinnovare il contratto con la Federcalcio israeliana”. Ad annunciare la decisione di una delle multinazionali leader dell’Abbigliamento a livello mondiale è stato il quotidiano britannico Financial Times, pubblicando un documento interno dell’azienda stessa.

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Divise Puma della nazionale di calcio israeliana

La decisione della Puma

La partnership tra l’azienda d’abbigliamento sportivo e la nazionale di calcio israeliana era stata siglata nel 2018, ma ora dopo 5 anni la loro collaborazione è giunta al capolinea.

Puma, le motivazioni di carattere finanziario

Tra le motivazioni alla base della decisione dell’azienda tedesca in molti avevano ipotizzato potesse esserci la guerra tra Israele e Palestina. Centinaia di attivisti pro Palestina hanno infatti avviato, a seguito dello scoppio del conflitto lo scorso 7 ottobre, una vera e propria campagna di boicottaggio – così come stava facendo con altre aziende – accusando la Puma di “sostenere gli insediamenti israeliani in Cisgiordania”. Nulla di più lontano dalla realtà.

Dietro la decisione di sciogliere qualunque tipo di collaborazione lavorativa e sponsorizzazione della nazionale calcistica di Israele, ci sarebbero motivi finanziari e, soprattutto, una nuova politica aziendale: Fewer-bigger-better, ovvero “meno, più grandi, migliori”.

Secondo questa nuova “ideologia”, l’azienda interromperà le sponsorizzazioni e scioglierà i contratti anche con le squadre di calcio di altri Paesi – tra cui, per esempio, la Serbia. A darne conferma è stato sempre il Financial Times, sul quale si legge che “la decisione di Puma di interrompere la sponsorizzazione della nazionale di calcio israeliana è stata presa per ragioni finanziarie. Fa parte di una più ampia strategia nota come ‘meno è, meglio è’ secondo cui la società sarà più selettiva nel marketing sportivo”.

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