Moda, Moon Boot a bassa quota: tutta questione di personalità

I Moon Boot di Zanatta, da "un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità" a oggetto di design nel xx secolo

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Da dove atterrano i caldissimi e leggerissimi stivali noti come Moon Boot? Bisogna fare un viaggio nel passato, nel Settembre del 1969, quando l’imprenditore calzaturiero Giancarlo Zanatta, viaggia oltreoceano per affari e raggiunge gli Usa. Una volta arrivato alla Grand Central Station di New York, resta folgorato da un cartellone pubblicitario: era una immagine che ritrae lo storico evento appena avvenuto dello sbarco sulla Luna.

Cosa ha catturato in realtà l’attenzione di Zanatta in quella frenetica stazione? Probabilmente, per deformazione professionale, è stato proprio il paio di ingombranti stivali che Armstrong indossava e che hanno lasciato l’impronta più famosa del mondo ad illuminare l’imprenditore. “Mi sono innamorato di quella impronta e di quella visione e ho pensato tra me e me: perché non disegnare degli stivali dopo sci? Ne creiamo già alcuni in pelle, pelliccia, ma non in materiali sintetici” così Zanatta si è recentemente raccontato al magazine digitale della Triennale.

Moon Boot, l’inizio del successo

Moon Boot, esposizione in Triennale
Moon Boot, esposizione in Triennale

Una volta tornato in Italia, decide di fare crescere l’azienda di famiglia, fondata nel 1930 dal padre Oreste, che fino a quel momento si era dedicato alla produzione di scarpe da trekking e da lavoro per gli operai delle Dolomiti e che ora include nella Tecnica Group anche Nordica e Lowa.

Dunque da il via alla produzione di una versione di boots ispirati, nel design, a quelli del famoso astronauta. Realizzando per la prima volta dei doposcì in Nylon e schiuma di poliuretano, materiali che permettono di rimanere estremamente leggeri, quasi a richiamare la camminata ovattata sulla Luna. Nasce così a settembre del 1970 il Moon Boot. Fin da subito, le sue caratteristiche uniche gli conferiscono un notevole successo: è il primo doposcì ambidestro, che si sviluppa di tre numeri in tre numeri, grazie al suo plantare spesso 20 mm, su cui il piede riesce ad adattarsi perfettamente; inoltre, i materiali innovativi sono anche termici e la suola analoga permette di non scivolare.

Moon Boot come status symbol

Moon Boot, Vacanza di Natale
Moon Boot, Vacanza di Natale

Sono stati anche anticipatori della logomania che si sarebbe verificata nella brand culture degli anni ’80, grazie al nome posizionato nella parte del gambale. Una caratteristica che è stata senza alcun dubbio parte della versatilità storica che li ha contraddisti. Un simbolo di abbigliamento tecnico per gli sciatori e lo status symbol di un particolare lifestyle che solo in pochi vivevano. La fusione di queste due realtà è avvenuta alla origini, con l’ascensione della democratizzazione e della “Milano da Bere” negli anni ’70 e ’80, con l’immaginario dei resort italiani di montagna e con il super successo dei Cinepanettoni dei fratelli Vanzina.  

Diventano un vero must have e nel 1975 entrano a far parte della divisa delle hostess di Alitalia. Sono stati indossati delle principesse come Lady Diana, o dagli ospiti di casa Fustemberg… I Moon Boot diventano essenziali nel look après-ski anni ’70

Moon Boot, Iconic

Da quando è stata fondata 50 anni fa, Moon Boot ha costruito la sua legacy intorno all’iconico stivale oversized, così Iconic da ricevere uno spazio espositivo al Louvre come simbolo tra i cento esempi di design più innovativi del XX secolo, ed essere esposto permanentemente al MoMa di New York e alla Triennale di Milano. Non dimenticando che, nel 1983, il termine è stato anche aggiunto al vocabolario.

Dal successo che hanno avuto cavalcando la Space Age, ora i Moon Boots sono rinati nel pieno della contemporaneità grazie all’intervento di Mirko Massignan che nel 2021 ha preso il posto di general manager. La Legacy del brand, infatti, non era più sufficente per creare un solido futuro al brand. Moon Boot ha da sempre avuto il proprio prodotto iconico ma la visione creativa era immobile, aveva bisogno di freschezza. Era completamente disconnesso da cosa stava accadendo nel mondodichiara Massignan ad una intervista al BoF. “L’immaginario era della super raffinata, bella ragazza in uno scenario estremamente superficiale, così abusato e di poca rilevanza”. 

Moon Boot, il revival

Massignan ha così deciso di reinventare l’immagine del brand, partendo da un nuovo team marketing supervisionato da Allegra Benini, che ha cancellato il motif della raffinata ragazza sciatrice e l’ha sostituito con uno svariato numero di campagne costruite sull’idea dei Moon Boots inseriti in contesti inaspettati come ad esempio nella piscina di una villa a Los Angeles o per le strade di Londra.

La strategia è andata a buon fine: sono riusciti a raggiungere addirittura lo star system tra Kim Kardashian e Gigi Hadid. In breve tempo, inoltre, le vendite sono quintuplicate dal 2020 e i Moon Boot hanno raggiunto anche i passi di Dua Lipa e Justin Bieber.

Sicuramente il tempismo del revival è stato astuto. Non appena Moon Boot stava facendo riscaldamento in baita, la tendenza del “Brutto” e delle “ugly shoes” aveva appena raggiunto l’apice del successo con Crocs e Hoka. Mixando il tutto ad una necessità nonché desiderio di confort e relax nato dalla pandemia, e ad una forte nostalgia per tutti i trend tipici degli anni 2000. La ricetta per il prodotto perfetto da lanciare è stata da Stella Michelin.  

Moon Boot, tra surreale e questione di personalità

Moon Boot
Moon Boot

Massignan e il suo team si resero conto che si celava anche una grande opportunità per il brand di entrare nel fashion system piuttosto che rimanere tra i retailer tecnici da sci. La sensazione era nata dall’estetica particolamente “fotografabile” che si adattava alla perfezione con il mondo social.  Si tratta di un oggetto quasi surreale per le sue dimensioni e devi essere sicuro di te stesso per poterlo indossare, è iper appariscente dice Massignan. Abbiamo definito la nostra community come individui che non hanno paura dei riflettori”.

Nonostante, le variazioni nell’offerta sul mercato, il brand si nutre della sua naturale attitude surreale, giocosa e divertente. Ora, si vuole adottare questo approccio per una clientela più moderna. “La rilevanza culturale è stata al centro delle discussioni fin dal primo momento, è un prodotto che ha alle proprie spalle una grande storia”, dice Benini. “Non vogliamo assolutamente cambiare l’heritage del brand e perdere i clienti che abbiamo già, ma abbiamo bisogno di comprendere il consumatore del futuro”

Tutto ciò è stato realizzato e attuato attraverso le campagne pubblicitarie che hanno visto come protagonisti atleti estranei al mondo sciistico inseriti in location altrettanto lontane dalla montagna. Insomma, si è voluto evolvere e rinfrescare l’immaginario che da sempre aveva accompagnato gli stivali lunari, creando uno scenario surreale ma al contempo estremamente credibile ed efficace, grazie all’aver fatto indossare il prodotto a personaggi di grande personalità. Il brand ha anche collaborato con il fotografo vienneseDaniel Gebhart Koekkoek per la campagna del 2021 facendo realizzare degli scatti che ritraggono addirittura un baby elefante dello zoo di Berlino mentre fa il giro del mondo con le zampe in Moon boot.

Moon Boot o Mars Boot?

Il prossimo passo? No, non è andare su Marte… Ma, c’è la volontà di creare prodotti estivi per la collezione Spring/Summer 2024. Questo permetterebbe di ampliare il periodo di vendita di Moon Boot che raggiunge il suo picco massimo tra Novembre e Gennaio. Inoltre, la società vorrebbe espandersi anche ai mercarti del Giappone e del Sud Corea. Tutto questo per evitare di divenire un trend, come Moon Boot lo era stato negli anni ’80. “Siamo il brand ideale per gli anni 2000, ma non vogliamo essere troppo associati con il trend Y2K perché c’è un enorme rischio di diventare una moda passeggera. E bel momento in cui il treno passa di moda, anche il brand potrebbe passare”

I Moon Boots sono entrati in un immaginario glamour che finiva di danzare sulle piste delle Dolomiti per godersi il sole e l’aria pizzicante sulle gote, sedendo sulla sdraio di una baita, scaldando le mani al calore di un braciere e degustando polenta.  

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