Il ministro Crosetto, rispondendo all’interpellanza sull’“opposizione giudiziaria”, ha detto che negli ultimi venti anni sono finiti nelle carceri italiane 30.778 innocenti, un’evidente enormità. Non basta: secondo un sondaggio di Pagnoncelli per il Corriere della sera un italiano su due non ha fiducia nella magistratura, e anche questo è un dato di enorme rilevanza se si pensa al ruolo cruciale che svolge il sistema giudiziario in democrazia. La metà degli italiani, inoltre, ritiene che le toghe agiscano con finalità politiche.
Questi dati dimostrano che la pagella ai magistrati decisa dal governo non è una prevaricazione, ma una necessità. Non è passata, invece, per non aprire un nuovo fronte di scontro con l’Anm, l’ipotesi di sottoporre le toghe a test psico-attitudinali sul modello di quelli previsti per le forze dell’ordine. Eppure sarebbe una misura sacrosanta: in Francia, ad esempio, non solo esiste già da tempo, ma anche le prove d’esame per l’aspirante magistrato, che in Italia si limitano a verifiche scritte e orali, prevedono lo svolgimento di un caso pratico in cui è obbligatoria la partecipazione di uno psicologo che valuta come il candidato reagisce alle situazioni di stress.
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Ma in Italia i test sono visti dai magistrati come un’offesa e non come il riconoscimento dell’enorme rilievo sociale del ruolo che ricoprono: chi ha la facoltà di decidere sulla vita e sulla libertà dei cittadini dovrebbe insomma dare più di ogni altro garanzie assolute di stabilità mentale. Del resto sono molte le categorie lavorative, dai militari ai piloti d’aereo fino agli autisti dei bus, che prima dell’assunzione devono (giustamente) superare questi test, e perfino un Guardasigilli espressione del più sfrenato giustizialismo come Bonafede ne propose l’estensione ai magistrati.
La norma in questione era contenuta nel disegno di legge sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario che all’articolo 27 comma “d” prevedeva testualmente: “Il Consiglio superiore della magistratura, allo scopo di valutare il parametro dell’equilibrio del magistrato in funzione delle valutazioni di professionalità, può tener conto, unitamente gli altri elementi conoscitivi acquisiti, del parere di uno psicologo di comprovata professionalità, appositamente nominato, assicurando all’interessato adeguate garanzie”. Una svolta imprevista, che fu accolta con un silenzio stupefatto da parte dell’Anm e poi si perse nei meandri parlamentari.
Molto peggio – era il 2019, ai tempi del governo gialloverde – andò alla ministra della Pubblica Amministrazione Bongiorno quando propose per gli aspiranti magistrati italiani test funzionali a verificarne “la stabilità emotiva, l’empatia e il senso di responsabilità”: allora le toghe scatenarono un putiferio. La stessa sorte era toccata al ministro Castelli molti anni prima, contro il quale intervenne in prima persona addirittura il presidente Ciampi, affermando in modo perentorio che “i cittadini hanno fiducia nei magistrati”, giudizio che dopo i tanti recenti scandali magari oggi sarebbe probabilmente diverso.
Il ministro Nordio in molte sue pubblicazioni degli ultimi venti anni ha lucidamente scritto che se i test sono previsti per la polizia giudiziaria, non sarebbe uno scandalo, a maggior ragione, se fossero estesi anche ai pm che ne sono i capi. Se i magistrati possono ordinare perizie psichiatriche nei confronti di un imputato di un processo penale o civile, devono anche dimostrare di saper amministrare in modo sereno la giustizia.
Anche loro sono donne e uomini, e come ognuno di noi possono andare incontro a periodi di particolare disagio, quindi una corretta amministrazione della giustizia deve prevedere questo strumento come, peraltro, già fanno in Francia e in Germania, con in più il fatto che lì i test sono vincolanti per le stesse progressioni di carriera. Ma per i pasdaran della casta togata questa valutazione sarebbe un’offesa irricevibile, in nome di un potere che si sente ormai al di sopra di tutto.
Tornando alle pagelle, infine: nessuno scandalo che un magistrato venga giudicato per il lavoro che svolge. Il vero scandalo è che tra il 2017 e il 2021 sono stati valutati 7394 magistrati, e più di 99 su cento sono stati promossi, una percentuale perfino più alta delle promozioni alla maturità (ed è tutto dire), quindi è sacrosanto che venga introdotto un criterio più rigoroso di valutazione, perché l’infallibilità è prevista solo per il Papa, e solo quando svolge il suo magistero.
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