È il 3 ottobre 2013 quando intorno alle 5.00 un peschereccio libico, partito due giorni prima da Misurata, a causa di un guasto ai motori si ferma a Lampedusa, ad un miglio da Cala Croce e qualcuno dell’equipaggio decide di dar fuoco ad una coperta per farsi vedere dalla terra ferma o da altre navi.
Pochi istanti e sulla piccola imbarcazione si scatena il panico. Terrorizzati, alcuni dei migranti a bordo si gettano in acqua, mentre altri si ammassano su un lato della piccola imbarcazione. Questa inizia ad inclinarsi e in pochi minuti si inabissa toccando il fondale, circa 45 metri più sotto.
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“Vuoi saperlo davvero che c’è là sotto? C’è l’orrore. Ci sono decine di corpi, forse centinaia. Stanno uno sull’altro, ammassati e incastrati“. Lo dichiarò il giorno dopo Rocco, uno dei primi ad immergersi quando venne rinvenuto il relitto. “I più fortunati sono quelli che sono morti per primi. Gli altri quando hanno capito che stavano morendo, hanno tentato di fuggire e si sono schiacciati uno con l’altro, rimanendo bloccati nella stiva. Si vedono corpi tutti incastrati, uno sull’altro. Sembrano dei massi – concluse – ce ne sono sulla coperta e all’ingresso della stiva. È come assistere a una scena di un film dell’orrore“.
Questa tragedia, considerata la più grande strage di migranti avvenuta nel Mediterraneo, causò 368 vittime e 20 persone circa risultano ancora tutt’oggi disperse. A trovare morte certa a Lampedusa furono principalmente coloro che si trovavano nella stiva, poiché non si resero conto di nulla e soprattutto perché impossibilitati a muoversi. Gli altri morirono annegati o intossicati dal carburante che si disperse in mare.
Solo 155 riuscirono a salvarsi, tra cui diversi bambini.
Le polemiche
Dopo la tragedia di Lampedusa l’Italia proclamò il lutto nazionale e venne stabilito che si tenessero i funerali di Stato. Ma ciò non avvenne.
Questa decisione alimentò ulteriormente le polemiche che il naufragio aveva suscitato. Non solo i sopravvissuti rischiavano di venir indagati per reato di immigrazione clandestina, ma addirittura chi si salvò da quell’immensa tragedia del mare dichiarò che numerose imbarcazioni non si fermarono a soccorrerli.
In un video divulgato due giorni dopo un diportista che aveva salvato 47 migranti affermò di aver visto addirittura degli uomini della Capitaneria che filmavano i salvataggi invece che prestare aiuto ai naufraghi.
Strage di Lampedusa: i processi
Nel 2015 venne condannato a 18 anni per naufragio colposo e morte provocata come conseguenza da un altro reato Khaled Bensalem. La conferma della Cassazione a 30 anni per Muhidin Elmi Mouhamud, il trafficante sonalo che sequestrò 130 eritrei nel Sudan e in Libia e li sottopose a trattamenti disumani prima di imbarcarli sulla nave. Su di lui pendeva l’accusa di tratta di esseri umani, favoreggiamento all’immigrazione clandestina e violenza sessuale.
Nel 2017 si tennero invece i processi contro coloro che non prestarono aiuto all’imbarcazione e per non aver avvisato le autorità subito dopo averla avvistata.
L’anno successivo i sette indagati furono rinviati a processo per omissione di soccorso e nel 2020 furono condannati a 6 anni di reclusione il capitano e a 4 gli altri membri dell’equipaggio.
Strage di Lampedusa: le commemorazioni
Oggi, come ogni anno, nel giorno del 10° anniversario Lampedusa ha ricordato le vittime con un momento di raccoglimento alle 3.15, l’ora del naufragio, e con la deposizione di una corona di fiori alle 10.30. Le celebrazioni sono state organizzate, come sempre, dal comitato 3 ottobre.
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