La verità sulla strage di Ustica raccontata da Giuliano Amato a LaRepubblica non è casuale o estemporanea, ma piuttosto è la conclusione di un percorso tracciato dal Presidente Sergio Mattarella e da Mario Draghi nelle sue ultime ore da Presidente del Consiglio dei Ministri.
Sul disastro aereo di Ustica, dove il 27 giugno di 43 anni fa persero la vita 81 persone, molto si è discusso e scritto. E come tanti segreti, anche Ustica ha avuto i suoi depistaggi per impedire che la verità sull’accaduto venisse alla luce. Lo si doveva alle vittime, ai familiari ed all’Italia tutta.
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Nel Paese dei segreti di Pulcinella e degli omissis far affermare una verità è impresa titanica. Ci si scontra puntualmente con i quattro punti cardinali del Segreto di Stato: documenti cartacei e informatici con la qualificazione del secret riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo. Ma riavvolgiamo il nastro per capire il come e il perché delle affermazioni di una delle figure istituzionali viventi più influenti del nostro Paese: Giuliano Amato, nelle raffigurazioni della politica il dottor sottile.
Dire la verità, tutta la verità, niente altro che la verità, partì da un discorso del Presidente Mattarella, che in occasione del 40moanniversario della strage di Ustica ebbe solennemente a dire che tutti dovevano cercare quanto ancora c’era di indefinito sulla strage di Ustica. E non sfuggì alle figure istituzionali più accorte ed influenti, tra queste Giuliano Amato e Mario Draghi, l’invito che alla ricostruzione della verità dovessero partecipare anche «i Paesi alleati». Ecco, quindi, che Francia e Nato sulla strage di Ustica assumono forma e sostanza di protagonisti.
Quel giorno il nostro Presidente della Repubblica scrisse parole scolpite nella pietra, scrisse dei valori alla base dei rapporti che ci legano a Paesi nostri alleati, scrisse che «Trovare risposte risolutive, giungere a una loro ricostruzione piena e univoca richiede l’impegno delle istituzioni e l’aperta collaborazione dei Paesi alleati con i quali condividiamo comuni valori. Il dovere della ricerca della verità è fondamentale per la Repubblica».
Di Mario Draghi ricordiamo una delle ultime cose fatte prima di lasciare Palazzo Chigi: la desecretazione di migliaia di atti riguardanti i passaggi più sanguinolenti della nostra storia repubblicana. Di questi tre, in particolare ancora grondano del sangue di Aldo Moro, di Falcone, di Borsellino e delle donne e degli uomini che ne garantivano la sicurezza.
Oggi, Giuliano Amato con le affermazioni su Ustica fa da apripista alla voglia di trasparenza e offre nuova linfa alla ricerca di verità sostanziali e non contraddittorie. Verità dominate dall’ambigua affermazione del non sappiamo niente o che sulla questione non c’è altro da sapere. Verità legate fortemente all’idea, come scriveva Orwell, che per controllare il futuro (questioni interne e internazionali) è utile servirsi del controllo del passato.
Giuliano Amato, sull’abbattimento del Dc 9 dell’Italia sopra i cieli tra Ponza e Ustica, è categorico: fu un missile francese e Macron chieda scusa
Ricordando l’accaduto, Giuliano Amato riferisce nell’intervista a La Repubblica che «era scattato un piano per colpire l’aereo sul quale volava Gheddafi». E poi il particolare che fa tutta la differenza, perché Gheddafi fu avvertito dell’attentato da Bettino Craxi. Dice Amato che “era scattato un piano per colpire l’areo sul quale volava Gheddafi, ma il leader libico sfuggì alla trappola perché avvertito da Craxi”. L’abbattimento dell’areo Itavia fu causato da un missile francese e per questo Macron dovrebbe chiedere scusa, perché «dopo quarant’anni le vittime innocenti di Ustica non hanno avuto giustizia”. E poi un affondo che non lascia spazio a repliche. Dice Amato che “è arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato – o meglio – un segreto di Stati. Potrebbe farlo il presidente francese Macron, anche anagraficamente molto lontano da quella tragedia”. E Giuliano Amato ci tiene anche a sottolineare il ruolo svolto in questi anni dalla Nato, che non avrebbe mai agevolato la ricerca della verità. Anzi, la Nato si sarebbe strenuamente adoperata perché la verità restasse nascosta. Dice Amato nell’intervista che la Nato “in tutti questi anni ha tenacemente occultato ciò che accadde nei cieli italiani. Chi sa ora parli: avrebbe grandi meriti verso le famiglie delle vittime e verso la Storia».
Ma al fondo del caso Ustica resta ora in piedi un’altra domanda: ma il Bettino Craxi che ebbe il coraggio davanti al mondo di difendere le prerogative nazionali a Sigonella, perché si limitò solo ad avvertire Gheddafi del rischio di attentato? La risposta forse potremmo trovarla in un confronto dell’oggi con l’eterno ieri: se oggi aggiungere anche un semplice però sulla guerra Ucraina ti marchia come putiniano, presumibilmente – avrà ragionato Craxi -se associassi la Nato ad un crimine quale l’abbattimento di un areo civile sarei crocifisso sulla croce dell’eresia anti-Nato.
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