Centrodestra: La Russa declassa (sbagliando) i meriti di Berlusconi

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa declassa i meriti del Cavaliere per eccellenza, Silvio Berlusconi

Beppe Santini
5 Min di lettura

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa è orgoglioso delle sue origini, e fa bene a rivendicarle, anche se a volte ha dimostrato che la veste istituzionale imposta dal suo ruolo gli sta decisamente stretta. Oggi, in un’intervista a Libero, ha spiegato che Fratelli d’Italia è diventato il primo partito italiano perché, al contrario del Pd, ha saputo conservare valori e memoria.

Ma su un punto La Russa è scivolato in un cortocircuito proprio di memoria per la risposta che ha dato a una domanda sulla storia del centrodestra che sintetizzava un pensiero quasi scontato: “Si dice che questa maggioranza a trazione meloniana sia il lascito di Berlusconi al centrodestra perché alla fine ha creato una costruzione in grado prima di superarlo e poi di sopravvivergli…”.

Ebbene: la risposta di La Russa è stata spiazzante: “Non sono d’accordo. Berlusconi ha avuto il merito di rendere la nostra destra votabile da tutti, di creare le condizioni perché gli elettori la sdoganassero. Ma no. Dimentichiamo che Berlusconi, più che di centrodestra, era berlusconiano”. E allora di chi è il merito? “Primo dei nostri padri, gli sconfitti, che dopo la seconda guerra mondiale accettarono la democrazia e fondarono il Movimento Sociale. Poi di Alleanza Nazionale che diede alla Destra una prospettiva di governo. Infine nostro, di Fratelli d’Italia, che il centrodestra di Berlusconi rischiava di diventare solo l’espressione parlamentare di Silvio, lo abbandonammo per fondare Fdi”.

Dunque: da una parte un eccesso di benevola memoria nei confronti dei “padri sconfitti” che fondarono il Msi, ma che per l’intera Prima Repubblica rimasero ai margini del gioco democratico, dall’altra un incredibile deficit di memoria, che assomiglia tanto a un inizio di rimozione, nei confronti degli indubitabili meriti di Berlusconi, descritto come un leader che pensava più ai suoi affari che alla coalizione di cui era il fondatore.

Questo è un colpo basso alla memoria che il presidente del Senato poteva francamente evitare. Senza l’intuizione di Berlusconi di fondare Forza Italia e di costruire un’alleanza federativa far Lega e Msi presentando alle elezioni del ‘94 il Polo delle libertà al nord e il Polo del buongoverno al sud, le elezioni le avrebbe vinte la sinistra, e oggi racconteremmo un’altra storia. I meriti del Cavaliere sono innegabili: allora il nord produttivo era entrato in rotta di collisione col sistema dei partiti e della spesa pubblica, e questo aveva determinato una protesta profonda e diffusa, che dal popolo delle partite Iva si allargò al mondo industriale e alle classi dirigenti. Bossi seppe dare una risposta politica al malessere del Nord, ma il suo originario secessionismo era un elemento di crisi per la stessa unità nazionale. Una miscela esplosiva, in cui tutta la storia italiana veniva posta in discussione come nazione e come Stato. Fu Berlusconi a offrire a Bossi una via che tenesse conto delle esigenze del nord ed evitasse i danni irreparabili di un confronto senza mediazione politica tra la Lega nord e lo Stato.

Dall’altra parte, il Movimento sociale era sempre stato il figlio di un Dio minore nella politica italiana, e una vittoria della sinistra postcomunista lo avrebbe sicuramente mantenuto in quel ghetto. Anche in questo caso fu Berlusconi, annunciando che avrebbe votato Fini alle comunali di Roma, ad aprire la strada allo sdoganamento della Destra. Se questo per La Russa è un dettaglio insignificante, significa che la sua lettura della storia è quantomeno strabica: se oggi la Meloni è arrivata a Palazzo Chigi è soprattutto per meriti propri, ma se Berlusconi non avesse creato il centrodestra nel ‘94 e non lo avesse tenuto in piedi con la sua straordinaria leadership, impedendo alla sinistra di stare a lungo al potere, nessuno può dire chi ci sarebbe oggi al governo. La gratitudine non è una categoria né della vita né della politica, ma – come dicevano i romani – est modus in rebus.

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