Migranti: Lampedusa al collasso, subito la svolta Ue

Massimo Colonna
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Nelle ultime 24 ore sono arrivati oltre mille migranti: un barcone è affondato al largo dell’isola e nell’intervento di soccorso una motovedetta della Capitaneria di porto ha salvato 20 migranti e recuperato il corpo di una giovane donna

Continui sbarchi a Lampedusa. Nelle ultime 24 ore sono arrivati oltre mille migranti. Sono originari di Ciad, Siria, Sudan, Yemen, Senegal, Mali, Guinea, Burkina Faso, Camerun, Costa d’Avorio, Liberia e Gambia. Sarebbero partiti tutti da Sfax, in Tunisia. Al momento nell’hotspot dell’isola ci sono oltre 1500 migranti e ieri si è verificato anche un naufragio: un barcone è affondato al largo dell’isola e nell’intervento di soccorso una motovedetta della Capitaneria di porto ha salvato 20 migranti e recuperato il corpo di una giovane donna. Intanto altri 80 migranti sono in difficoltà nella zona Sar maltese e come sempre spetterà alle unità italiane soccorrerli.

Cronaca di una ordinaria giornata di sbarchi

E’ la cronaca di un’ordinaria giornata di sbarchi che prefigura, con la primavera e le migliori condizioni del mare, una massiccia intensificazione dei flussi che metterà a dura prova i nostri apparati di sicurezza e soccorso. Ad oggi, secondo i dati del Viminale, gli arrivi di migranti hanno già raggiunto quota 15.823, a fronte dei 5.976 del 2022, segno evidente che non è in atto alcuna politica dei porti chiusi. Ma è altrettanto evidente che l’Europa non può continuare a far finta di nulla, e che va posto fine alla schizofrenia politica della Commissione, brava solo a bacchettare l’Italia ma incapace di imporre una politica comune di asilo agli Stati membri: dopo la tragedia di Cutro, la presidente Von der Leyen ha speso parole di comprensione e apprezzamento per il nostro governo promettendo 500 milioni di euro per arginare il traffico dei migranti e impegnandosi a ricollocarne 50 mila, ma subito dopo la commissaria Johansson ha assolto Frontex per la vicenda di Cutro scaricando le responsabilità della tragedia sull’Italia e benedetto l’operato delle Ong censurando chi le considera un fattore di attrazione per gli scafisti. Peccato che il concetto di “pull factor” nei confronti delle Ong sia stato espresso proprio in un rapporto di Frontex. Un’autentica babele di contraddizioni, dunque, con il risultato che alla fine è sempre e solo l’Italia a dover gestire un fenomeno che non è ormai emergenziale, ma epocale, nonostante le decine di vertici europei – al livello di capi di Stato e di governo o, come quello di oggi, fra i ministri dell’Interno dei Paesi comunitari – che si sono occupati di immigrazione.

Le ultime direttive europee

L’ultimo in ordine di tempo è il Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio scorso, concluso con una serie di impegni eclatanti su rafforzamento dell’azione esterna, rimpatrio e riammissione, controllo delle frontiere esterne dell’UE, lotta alla tratta di persone e al traffico di migranti, patto sulla migrazione e l’asilo. Ma, come quello precedente del 22 giugno 2022 – quando fu previsto un meccanismo volontario di contributi di solidarietà ai Paesi di frontiera, tutto è rimasto come prima. Il canovaccio di tutti i summit è sempre stato lo stesso: dichiarazioni tonitruanti e nulla di fatto: “Il Consiglio europeo afferma esplicitamente che non accetterà alcun tentativo da parte di paesi terzi di strumentalizzare i migranti a fini politici. Ribadisce la sua determinazione ad assicurare il controllo efficace delle frontiere esterne dell’UE e sottolinea la necessità di garantire rimpatri efficaci e la piena attuazione degli accordi di riammissione”. Parole al vento, perché quando i governi italiani hanno deciso una stretta sugli arrivi, sostenendo che difendere i suoi confini significa difendere anche quelli europei, Bruxelles ha sempre mostrato il pollice verso.

La cronistoria dei lavori dei Consigli europei per affrontare la crisi dei migranti, insomma, è solo un accumulo di documenti e frasi di circostanza. Ad esempio: “E’ opportuno proseguire gli sforzi volti a ridurre i movimenti secondari e garantire un giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà fra gli Stati membri”, con riferimento ai migranti sbarcati da noi che proseguono verso altri Stati europei e al mancato ricollocamento di quelli sbarcati sulle coste italiane”. Laddove solidarietà è stata la parola più abusata e meno praticata. E’ dal 2015 – anno record per i flussi migratori – che l’Ue si impegna sempre a battersi contro i trafficanti di esseri umani, ma la missione navale Sophia, prima di essere sospesa, invece di scardinare la rete criminale degli scafisti, ha portato in Italia 45mila migranti. Non solo: nel 2017 i vertici europei si erano impegnati “a proseguire le discussioni sulla riforma del Regolamento di Dublino con l’obiettivo di raggiungere un consenso nel primo semestre del 2018». Ebbene: sei anni dopo quel trattato capestro, che impone l’onere dell’accoglienza ai Paesi di primo approdo, è ancora un totem intoccabile. Ora resta la speranza che, sull’onda della tragedia di Cutro e gli impegni assunti dalla presidente della Commissione, il prossimo vertice del 23-24 marzo non si concluda col solito copia-incolla di dichiarazioni senza costrutto.

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