Zona rossa e piano pandemico: perché Conte e Speranza sono indagati

Davide Fosteri
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Ora tocca al Tribunale dei ministri di Brescia valutare la posizione dell’ex premier e dell’ex ministro: i tempi per le decisioni 

La mancata attuazione della zona rossa a Nembro e la non attuazione del piano pandemico. Sono le diverse contestazioni che vengono mosse rispettivamente all’ex premier Giuseppe Conte e all’ex ministro della Salute Roberto Speranza, finiti iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Bergamo nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid, quella nel Bergamasco a febbraio 2020. 

Le due posizioni: differenti accuse 

Secondo la ricostruzione della procura Conte e Speranza hanno due posizioni differenti, anche se entrambi dovranno rispondere di epidemia colposa aggravata. In particolare l’ex presidente del Consiglio è accusato di non aver istituito la zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano Lombardo, nonostante, come spiega la procura, “l’ulteriore incremento del contagio in Lombardia e l’accertamento delle condizioni che corrispondevano allo scenario più catastrofico”. 

Speranza invece risponde solo per la mancata attuazione del piano pandemico: l’ex ministro aveva firmato una bozza di decreto con cui proponeva di estendere la misura urgente di “contenimento del contagio” già adottata nel Lodigiano, ai due comuni della Bergamasca. Tale bozza invece non venne sottoscritta da Conte. Il quale, quando nel giugno 2020 venne sentito a Roma dai pm di piazza Dante come persona informata sui fatti, aveva spiegato di aver agito “in scienza e coscienza” assumendosi la responsabilità di una scelta politica che arrivò dopo un confronto all’interno del governo e tra l’esecutivo e gli esperti. Una scelta, disse, che fu condivisa con la Regione Lombardia che, come previsto dalla legge, avrebbe potuto agire anche autonomamente. Per questo ora è indagato pure il governatore Attilio Fontana. Anche lui, in base alla ricostruzione, con due mail del 27 e 28 febbraio 2020, inviate a Palazzo Chigi, aveva chiesto di mantenere misure più blande (da zona gialla) nonostante “avesse piena consapevolezza” della situazione e senza segnalare “alcuna criticità” nonostante l’indice di trasmissione avesse raggiunto la soglia del 2. Dunque il non aver voluto questa seconda zona rossa in Lombardia, per i pm, ha comportato la diffusione dell’epidemia” con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone” morte. 

I tempi dell’inchiesta 

Ora toccherà al Tribunale dei Ministri di Brescia valutare la posizione dei due ex esponenti del governo, con il procuratore Francesco Prete e i suoi sostituti. Come prevede la legge avranno tempo 15 giorni, non per indagare, ma solo per studiare la documentazione per poi inviarla al collegio composto da tre giudici con eventuali richieste istruttorie. In questo caso il Tribunale dei Ministri entro 60 giorni dovrà decidere se consentire ulteriori approfondimenti, altrimenti entro 90 giorni dovrà compiere le indagini preliminari in seguito alle quali potrà disporre o l’archiviazione (non si può impugnare) o la trasmissione al Procuratore affinché chieda l’autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza. 

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