Una vita spezzata a pochi giorni di vita e una mamma vittima di superficialità di un sistema sanitario che dovrebbe avere il compito di supportare e aiutare le neomamme, soprattutto se quest’ultime lo richiedono. Stanchezza e fragilità post parto non possono in nessun modo essere sottovalutate
La tragedia, avvenuta tra la notte del 7 e l’8 gennaio, all’ospedale di Roma “Sandro Pertini” rappresenta un dolore inimmaginabile per i genitori che hanno perso il loro piccolo a soli pochi giorni di vita. L’episodio tragico ha, inoltre, segnato la coscienza di ogni mamma che ha vissuto l’esperienza del parto e si è immedesimata in quel momento di profonda stanchezza in cui poter avere un sostegno di un parente vicino, al momento ridotto per il covid, oppure, un personale in grado di fornire il giusto supporto può veramente cambiare le cose. In questo caso, forse, sarebbe bastato per salvare una vita.
Al suo posto, come hanno scritto le tante mamme sui social media, poteva esserci qualunque altra donna, qualunque altra neomamma la cui normale stanchezza doveva misurarsi e scagliarsi con la superficialità e la sottovalutazione del personale sanitario. Infatti, la donna ha raccontato in lacrime di essersi più volte rivolta alle infermiere di turno chiedendo loro di poter riposare un po’ e chiedendo loro di poter tenere il suo bambino, ma la risposta, purtroppo, è sempre stata: “non è possibile”, ha raccontato la mamma.
La magistratura farà il suo corso ma un sostegno psicologico e fisico dovrebbe essere garantito
Il piccolo ha perso la vita durante il suo terzo giorno di vita schiacciato probabilmente dal corpo della mamma che, esausta è stata colpita dal sonno. La donna è stata svegliata durante la notte ma il suo piccolo non era più tra le sue braccia, è stata portata in un’altra stanza dove lì è venuta a conoscenza della terribile notizia.
Stabilire la responsabilità di questa terribile tragedia è compito della magistratura ma, non è, inappropriato puntare subito il dito contro il mancato sostegno sia fisico che psicologico che dovrebbero avere le neomamme nel momento, probabilmente, più delicato e difficile della loro vita.
La terribile tragedia poteva essere, forse, evitata perché la donna più volte ha raccontato di essersi rivolta al personale, che non doveva in alcun modo sottovalutare lo stato di stanchezza in cui si trovava la neomamma la quale aveva vissuto un parto non facile con 17 ore di travaglio. L’autopsia al piccolo è stata effettuata il 17 gennaio e dovranno passare 60 giorni per avere risposte che possano chiarire la vicenda straziante. La neomamma, inoltre, è stata sottoposta anche all’esame tossicologico risultato negativo.
Rooming-in sì ma serve supporto
A seguito della disgrazia di Roma si è tornati a parlare sulla giustizia o meno del rooming-in, la pratica che consente alle neomamme di avere i neonati vicino a loro h24 sin da subito. A fare chiarezza sono La Società Italiana di Neonatologia (SIN), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO) e l’Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) che sottolineano l’importanza e il valore del rooming-in, pratica che consente alle neomamme di prendersi subito cura dei loro piccoli e di accudirli dal primo momento.
Le società, però, riferendosi alla tragedia di Roma specificano in una nota: “L’implementazione del rooming-in per essere appropriata prevede che le famiglie siano adeguatamente informate, coinvolte e supportate, e che gli operatori sanitari offrano un’assistenza per quanto possibile individualizzata ed empatica – la gestione separata di madre e neonato continuano– ostacola invece l’avvio della relazione genitore-famiglia-neonato, è contraria alla fisiologia, anche dell’allattamento, e non garantisce da eventi neonatali imprevisti e tragici“.
Il fatto che il rooming-in sia la pratica, secondo gli esperti, più giusta e naturale per permettere alle mamme di prendersi subito cura dei loro neonati e instaurare immediatamente un rapporto profondo, non può in alcun modo giustificare la mancata assistenza da parte del personale sanitario che si è rifiutato di ascoltare le diverse segnalazioni della neomamma all’ospedale di Roma. Anche perché ogni donna vive il parto in maniera diversa. C’è chi riesce a sentirsi subito in forza e chi, invece, ha bisogno del giusto, o meglio sufficiente, riposo prima di prendersi cura del proprio bambino. Il riposo non può essere in alcun modo negato se richiesto ed esplicitato dalle neomamme. E, in ogni caso, non si deve commettere l’errore di scambiare mamme per supereroi invincibili. Provare stanchezza dopo un momento tanto doloroso è umano. E anche ricevere la giusta assistenza dovrebbe esserlo.
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