Da un lato le sparate elettorali, dall’altro le difficoltà di costruzione. Il Ponte è tornato d’attualità dopo la promessa di Meloni e Salvini. Ma ci aveva pensato persino Carlo Magno. Destinato a rimanere un’utopia?
Una storia infinita quella del Ponte di Messina. Un grande classico, che torna periodicamente nelle promesse della politica italiana: sistematicamente ad ogni cambio di governo e di epoca. Sarà questa la volta buona? Difficile, ma come si dice? Nulla è impossibile. Innanzitutto bisogna fare un passo indietro.
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Si parla di ponte sullo Stretto fin dalle guerre puniche: Plinio il Vecchio e Strabone narrano per esempio della costruzione, voluta dal console Lucio Cecilio Metello nel 251 a.C., di un ponte temporaneo per mobilitare dalla Sicilia 140 elefanti da guerra catturati durante la prima guerra punica. Cartagine com’è noto fu distrutta, il ponte invece mai realizzato.
L’idea che solleticò Carlo Magno
Nei secoli successivi, l’idea di collegare Calabria e Sicilia stuzzicò anche Carlo Magno, che durante un viaggio si accorse di quanto erano vicine le due sponde.
Zanardelli e il ponte sottomarino
Il ponte tornò d’attualità dopo l’Unità d’Italia, quando la Sinistra storica arrivò per la prima volta al potere, con Giuseppe Zanardelli. In quel caso l’idea era di costruire un tunnel sottomarino.
Dal 1908 al 1981: tante idee ma nulla di fatto
Il terremoto di Messina del 1908 fece passare in secondo piano i progetti per diversi anni, non a caso lo stretto è una delle numerose zone a rischio sismico elevato dell’area mediterranea; diversi e gravi i terremoti e maremoti che hanno colpito Messina, Reggio Calabria e le zone limitrofe.
Poi, nel 1969, fu addirittura indetto un Concorso internazionale di idee, in cui ne vinsero sei: tunnel a mezz’acqua ancorato al fondo mediante cavi in acciaio, ponte strallato a tre campate, ponte sospeso a una, tre, quattro e cinque campate. Successivamente nel 1981 la creazione di Stretto di Messina Spa, voluta dal governo Forlani: il progetto era quello di un ponte sospeso con campata unica. Nulla fu fatto, ovviamente.
Da Craxi a Berlusconi, tante chiacchiere e niente ponte
Nel 1985 il Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, annuncia che il ponte si farà. La progettazione però non decolla e nel 1992 con lo scoppio di Tangentopoli l’opera viene messa in soffitta. Dieci anni dopo il premier, Silvio Berlusconi, rilancia il progetto. Nel 2005, con un’offerta di 3,88 miliardi di euro, Impregilo vince la gara per la realizzazione del ponte. Nel 2006 la società firma il contratto. Ma quando sembra tutto pronto per avviare i lavori, Berlusconi perde le elezioni e con l’arrivo del nuovo governo Prodi, che considera il ponte “inutile e dannoso”, tutto si blocca. Il governo Prodi cade dopo soli due anni, il Cavaliere rientra a Palazzo Chigi e ritorna sulla costruzione del ponte. Purtroppo arriva la crisi dei debiti sovrani, il IV governo Berlusconi viene affossato dai mercati e sostituito dal governo tecnico di Mario Monti. Il nuovo premier, che ha altro a cui pensare, mette la parola fine alla costruzione del ponte, annunciando che non si farà e la società Stretto di Messina Spa viene messa in liquidazione. Ma ora il governo Meloni ne prevede la riattivazione.
L’idea riesumata dal governo Meloni
Secondo fonti vicine al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini avrebbe discusso della volontà di riportare in vita il progetto del ponte durante la cena a Bruxelles con la commissaria ai Trasporti Adina Valean. L’Ue si è detta infatti “onorata” di aiutare l’Italia a patto che siano formalizzati un solido piano finanziario e un progetto definitivo. Si è ora in attesa per la riunione dei ministri.
Un progetto costoso
Il ponte sullo stretto di Messina non esiste, ma è costato parecchio. Secondo la Corte dei conti quasi 130 milioni di euro, solo nel periodo 1982-2005. Alcune stime parlano di 600 milioni.
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