Caravaggio, le risse in via della Scrofa e Artemisia che arriva in Senato 

Martina Onorati
7 Min di lettura

A Terni si celebra l’arte inedita del misterioso artista insieme alle opere dei Seicento: il tutto mentre Renzi cita la Gentileschi nel suo discorso in Senato 

A Terni si è celebrata l’arte, soprattutto quella inedita e un po’ oscura. Con l’inaugurazione ufficiale della mostra “Dramma e Passione – da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi”, Terni apre le porte all’arte “conosciuta da pochi” di Caravaggio e Artemisia Gentileschi, due personaggi affascinanti e misteriosi, che hanno fatto la storia dell’arte italiana.

Le risse in via della Scrofa e i capolavori 

Il primo famoso per il carattere eccentrico e rissoso – conosciuto come “attaccabrighe” per le sue innumerevoli risse e zuffe tra le osterie di quartiere della centralissima area di via della Scrofa a Roma, in cui ha vissuto per un decennio. La seconda, simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile, utilizzò le proprie qualità artistiche contro i pregiudizi delle donne pittrici del suo tempo, riuscendo ad inserirsi nella cerchia di pittori più stimati dell’epoca. La sua popolarità raggiunse il vertice soprattutto per la vicenda che la vide accusare il suo violentatore, il pittore Agostino Tassi, arrivando al punto di sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l’attendibilità delle sue accuse. Fatto che spostò l’attenzione sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali; vista con sospetto per aver taciuto per tanto tempo, era ritenuta consenziente: venne così derisa, discriminata e vituperata dall’opinione pubblica.

Cosa spiega la mostra 

L’evento, curato dallo Storico dell’arte Pierluigi Carofano, in collaborazione con Tamara Cini, e svolto nelle otto sale di Palazzo Montani Leone, nobile edificio di fine Cinquecento, ha visto un gran numero di presenti e giornalisti, locali e non. La mostra, incentrata su un’opera mai esposta di Artemisia Gentileschi, “Giuditta con la testa di Oloferne” e in particolare su due opere di Caravaggio difficilmente visibili al pubblico, la “Maddalena addolorata” e “La crocifissione di sant’Andrea”, mette al centro la ricerca e il trionfo della bellezza di grandi capolavori di artisti impossibili da dimenticare.

La vera star della mostra – sottolinea il curatore Carofano – è Caravaggio, con ben due opere. La prima è la Maddalena addolorata che, grazie ad un documento recentemente rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Roma, è da ritenersi il modello della figura della Maddalena nella “Morte della Vergine” del Louvre. L’altra è la Crocifissione di sant’ Andrea, esposta a pieno per la prima volta in Italia, tranne una fugace apparizione a Siracusa nel periodo Covid”.

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Le opere inedite

La “crocifissione di Sant’Andrea” è stata realizzata da Caravaggio nella prima metà del 1607, quando il pittore si trovava ancora a Napoli. La scena, ricavata dalla Legenda Aurea, raffigura il Santo appena legato alla croce, raffigurato nell’attimo della morte mentre sbarra gli occhi, spalanca la bocca e le mani gli si contraggono. La croce a cui è legato l’apostolo non ha la forma decussata (a X), comunemente conosciuta con il nome di “Croce di Sant’Andrea”, ma la consueta forma latina, a causa del fatto che questa iconografia della crocifissione di sant’Andrea divenne comune solamente nel corso del XVII secolo.

La “Maddalena addolorata” di Caravaggio è un’opera realizzata nel 1605-1606 Il quadro fa parte di una collezione privata, ma è apparsa al pubblico nella mostra a cura di Vittorio Sgarbi ”I tesori Nascosti” nella Chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, a Napoli. Rappresenta il pianto di una donna pervasa da una struggente nostalgia del cielo, da una tenerezza commossa – come emerge dalla critica di don Alessio Geretti – dalla convinzione che senza una tale Madre accanto niente può più essere come prima. Dovremmo piangere di non saper amare e credere così tanto.

Infine, l’opera di Artemisia “Giuditta con la testa di Oloferne”, databile tra il 1612 e il 1613, o anche al 1617 secondo una parte della critica, si colloca tra le massime espressioni caravaggiste del Seicento, diventando icona e simbolo dell’attività artistica della Gentileschi che, infatti, eseguì l’opera poco dopo la violenza sessuale di cui fu vittima.  La vicenda era stata taciuta per molto tempo; quando finalmente Gentileschi decide di sporgere denuncia, l’evento suscita numerose dicerie, tanto che in più occasioni il processo si trasforma in uno strumento di diffamazione di Artemisia che, vista con sospetto per aver taciuto per tanto tempo, è ritenuta consenziente e allo stesso tempo derisa, discriminata e vituperata dall’opinione pubblica.

La Gentileschi citata da Renzi in risposta alla Meloni

La Gentileschi senza alcun dubbio lascia un seme di forza grazie alla sua determinazione nel portare avanti – senza paura – la denuncia al suo stupratore. Non a caso, la stessa artista è stata citata ieri da Matteo Renzi durante il voto di fiducia al Governo di Giorgia Meloni. Il presidente di Italia Viva, rispondendo alle citazioni di martedì sulle donne della Meloni ha nominato la Gentileschi, e Alda Merini, due donne che hanno cambiato la storia. “Quando me ne sono andato da Palazzo Chigi – ha sottolineato – una delle cose che mi ha fatto stare meglio è stata una frase della Merini: ‘La migliore vendetta è la felicità'”. “Noi – ha concluso – le saremo lealmente contro ma pronti a dare una mano per il bene del Paese”.  La Gentileschi senza alcun dubbio lascia un seme di forza grazie alla sua determinazione nel portare avanti – senza paura – la denuncia al suo stupratore.

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