Parla il professor Carofano, curatore della mostra inaugurata alla Fondazione Carit di Terni: “Un lungo viaggio da cui ne usciremo diversi”
Apre ufficialmente la mostra “Dramma e Passione – Da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi”, in programma a Terni nel sontuoso Palazzo Montani Leoni, sede della Fondazione Carit. Il professor Pierluigi Carofano – alle spalle studi fra Pisa e Siena e l’insegnamento per 17 anni – è il curatore della mostra e Caravaggio è stato il suo primo amore fin dai tempi universitari. Assieme a lui abbiamo dialogato del Merisi rabbioso e del Caravaggio pittore laico e pioniere dell’arte moderna. La dottoressa Tamara Cini ci ha invece spiegato i motivi per i quali visitare questa mostra da cui se ne uscirà inesorabilmente arricchiti. Le mostre ci raccontano vite, storie e percorsi e ci è data la possibilità di emozionarci.
Dottoressa Cini, la mostra si snoda in 8 sale tematiche. Che tipo di percorso è chiamato a fare lo spettatore? In quali atmosfere si immergerà?
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“Si tratta di un percorso che vuole raggiungere il visitatore medio che non ha conoscenza ampia della materia, così che possa apprezzare le opere dal punto di vista visivo. È un percorso che possiamo definire mosso. Si può sia conoscere, perché vengono spiegati gli aspetti salienti, ma anche incuriosirsi. In più, ci sono le poesie, che cercano di dare un valore aggiunto. Dalla lettura visiva si passa alla trasmissione di emozioni. Si è cercato di toccare l’anima dello spettatore. L’idea è che si visiti una mostra affinché se ne esca arricchiti”.
Professor Carofano, il potere dei classici è saper intessere un dialogo costante con lo spettatore, con chi l’arte la guarda. L’arte crea relazioni e “classico” è ciò che ha qualcosa da raccontare in eterno. Cosa ci racconta ancora Caravaggio?
“Ci racconta molto. Ci racconta forza esplosiva e capacità di sedurre. Ha un linguaggio molto attuale. Ci racconta il suo tempo, che però ha anche delle ricadute nel nostro. Rappresenta la natura in maniera trasversale senza ideologia. Il suo è un messaggio moderno e anche laico. È moderno perché è laico. Anzi, la sua visione è quasi postmoderna. Narra di passioni, umori e dolori umani. Per questi motivi rappresenta un punto di svolta nella pittura. Nelle sue opere traspare una partecipazione patetica che altre opere di altri artisti non hanno. Sta a noi saper leggere la sua arte complessa. È moderno perché è laico”.
La mostra è un lungo viaggio nella pittura del Seicento. Ci saranno anche i “nemici” di Caravaggio, come Baglione e Salini. Che cosa veniva recriminato a Caravaggio e alla sua pittura?
“Gli veniva recriminato il carattere rabbioso. Poi Caravaggio non ottiene mai una grande committenza, nessuna grande famiglia. Invece Baglione con la sua équipe governa il mercato romano. Caravaggio e Orazio Gentileschi contestano la pittura di Baglione, che è goffa. Si tratta meramente di una questione di spartizione del mercato. Spesso idealizziamo questo scontro, ma è uno scontro del mercato in cui vince, però, Baglione”.
Alla mostra ci saranno due opere difficilmente visibili al grande pubblico: la Maddalena addolorata e la Crocifissione di Sant’Andrea. Che viaggio hanno compiuto queste due opere prima di arrivare da noi?
“La Maddalena era di un collezionista privato. Adesso è in mostra a Noto, Recentemente è stata comprovata l’attinenza a Caravaggio. Grazie ad un documento rinvenuto presso l’archivio di Stato di Roma è da ritenersi il modello della Maddalena nella Morte della Vergine del Louvre. La crocifissione viene da Londra. È un’opera nota negli studi fin dagli anni Quaranta del Novecento e la critica l’attribuisce a Caravaggio”.
Ci piace di più il Caravaggio pittore o il Michelangelo Merisi tormentato, rabbioso? Quanto la personalità complessa del Merisi penetra la tela? Quanto autore e opera si fondono?
“La personalità di Caravaggio ha superato l’opera ed è un aspetto, a mio avviso, terribile. Penso, ad esempio, al film di Placido presto in uscita. Quando Caravaggio arriva a Roma, in realtà, è un pittore allineato. Ma nel grande pubblico il suo carattere ha sopravanzato l’opera, oscurando, di fatto, l’opera stessa. C’è, spesso, questo binomio arte-vita, impossibile da sciogliere che ha interessato tanti artisti. Pasolini o Leopardi, per citarne qualcuno fuori dalla compagine pittorica. Questo binomio penetra nella manualistica e viene assorbito, ma l’opera deve poter esser vista per quello che è”.
Un comune adagio politico recita: “Con la cultura non si mangia”. L’Italia investe abbastanza nel comparto culturale?
“No, per niente! L’Italia investe pochissimo nella cultura in generale. È un periodo tristissimo. Tengo a dire, comunque, che la cultura non dovrebbe avere lo scopo di produrre ricchezza economica, ma ricchezza d’animo. È quello che con questa mostra ci proponiamo di fare”.
Un’ultima domanda. Cosa ne pensa del gesto delle attiviste di Just Stop Oil?
“Una stupidaggine. Usare l’arte come vetrina è una stupidaggine. Preferirei modalità di protesta più propositive. La gente si ricorderà del gesto e non del perché. È una performance e non gesto”.
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