Il neopresidente del Senato inaugura il suo mandato con l’omaggio alla senatrice a vita: personaggi agli antipodi che rilanciano la discussione sui paradossi democratici
Con 116 voti, La Russa è stato eletto al Senato. Il passaggio di consegne fra Segre e La Russa è la rappresentazione del paradosso della democrazia. Mercoledì infatti è andato in onda il singolare passaggio del testimone fra Liliana Segre e Ignazio Benito Maria La Russa, alla presidenza del Senato. La Russa siede sulla seconda poltrona più importante della Repubblica italiana, dopo quella di presidente della Repubblica. A traghettarlo lì: 116 voti, 12 in più di quelli che sarebbero bastati, fra un vaffa di Berlusconi in diretta nazionale e i voti fantasma dell’opposizione. Il battesimo della 19esima legislatura è stato a dir poco pirotecnico.
Con La Russa si verifica una violenta virata a destra
Liliana Segre ha pronunciato un discorso che è un capolavoro di democrazia, con lo stile mite e deciso che l’ha sempre contraddistinta. Segre ha passato in rassegna i preamboli della pagina più orribile della Storia, di cui è stata la bambina protagonista e oggi instancabile testimone: la marcia su Roma e il graduale inasprirsi del regime mussoliniano, le leggi razziali, l’omicidio Matteotti, simboli precisi di discriminazione e repressione. In questo senso, appare paradossale il passaggio di consegne operato dalla senatrice-simbolo a una figura che non ha taciuto i suoi orizzonti politici orientati molto, molto a destra e, per giunta, una malcelata passione per il Ventennio.
La necessità del dialogo fra parti
Se il regime è finito con Mussolini, il pensiero fascista non è mai morto. Le legislature finora hanno dato garanzie di tenuta da questo punto di vista: la democrazia è ancora viva e vegeta e occorre attendere che il nuovo esecutivo si consolidi e dia prova di sé stesso, preparando, nel frattempo, un’opposizione capace di strutturare un dialogo costruttivo fra parti diverse per il bene del Paese.
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