Cina e Russia trovano un accordo sulle forniture di gas, Gazprom insieme a Cnpc sanciscono l’intesa: Pechino pagherà in rubli-yuan
Mosca sta facendo il possibile per consolidare e incrementare le esportazioni verso est, guardando in particolar modo alla Cina. Già lo scorso febbraio Vladimir Putin aveva trovato un compromesso con il presidente cinese Xi Jinping per la fornitura di gas: progettare una nuova conduttura in grado di trasferire 10 miliardi di metri cubi all’anno, da aggiungere ai 16,5 miliardi già venduti nel 2021.
L’Ue al momento rimane il maggior importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85miliardi di euro. Il Cremlino però, contando sull’appoggio del paese asiatico, sta cercando di sviluppare strumenti valutari alternativi al dollaro e all’euro – oltre che per gli scambi bancari, soprattutto con il ricorso al Cips, il concorrente cinese dello Swift utilizzato da 1.200 istituzioni finanziarie di 100 Paesi, di cui una ventina russe. L’obiettivo è l’estensione degli scambi in valute digitali, obbligatori per rifuggire dalla stretta delle restrizioni che hanno portato al congelamento in Occidente di circa la metà delle riserve che, prima dell’ostilità, totalizzavano la somma di ben 650 miliardi di dollari.
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L’economia russa non sta risentendo particolarmente delle durissime sanzioni imposte dai paesi occidentali. Il ministero per lo Sviluppo economico prevede per l’anno in corso una contrazione del Pil solo del 2,9% – una perdita circa tre volte inferiore rispetto alle stime di aprile della Banca centrale. Mosca tiene botta grazie all’impennata dei prezzi del gas: secondo le stime Crea, da febbraio ad agosto la Russia avrebbe incassato 158 miliardi di euro dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone, rispetto ai 100 miliardi di euro che il Cremlino avrebbe speso per l’offensiva in Ucraina.
Dmitry Tulin, vicegovernatore della Banca centrale, ha dichiarato che le sanzioni hanno imposto perdite pari a 25 miliardi di euro al settore bancario russo, che da ben dieci anni non chiudeva un semestre in rosso. Le ultime previsioni sul Pil però tradiscono ottimismo: i dati del ministero dello Sviluppo economico stimano un calo del 2,9% nel 2022 – contro un crollo tra l’8 e il 10% previsto ad aprile dalla Banca centrale – e una diminuzione ulteriore dello 0,9% nel 2023 – contro una previsione del 3% della stessa Banca centrale sempre ad aprile. In realtà la Banca centrale aveva già corretto il tiro, ridimensionando gli allarmi per l’inflazione e correggendo le stime per il 2022 dal 18-23% – previsto ad aprile – al 14-17% stimato a giugno. Per il 2023 la previsione è del 5-7%.
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