Arriva la legge per onorare davvero la memoria di chi ha perso la vita a causa di responsabilità pubbliche e infrastrutture non adeguate. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la “Legge Morandi“, in onore delle vittime del 14 agosto 2018 decedute per il crollo del Ponte Morandi a Genova.
La pdl è stata approvata in via definitiva dalla Camera all’unanimità lo scorso 20 marzo e riconosce benefici economici ai familiari delle vittime di eventi tragici derivanti da cedimenti totali o parziali di infrastrutture stradali e autostradali di rilievo nazionale.
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Eppure ci sono delle riserve sulle quali Mattarella invita Parlamento e Camera ad “attivarsi per modificare e integrare” il testo, affinché possa essere più equo, rispettoso dei principi costituzionali e realmente inclusivo di tutte le vittime di tragedie strutturali.
Legge Morandi, critica all’ambito di applicazione
Il principale punto di critica sollevato dal Capo dello Stato, riguarda l’ambito di applicazione della legge, ritenuto troppo ristretto. Infatti, il testo limita i benefici solo alle vittime di crolli riguardanti infrastrutture di “rilevo nazionale”, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Per Mattarella la dicitura risulterebbe interpretabile e discriminatoria, escludendo a priori altre tragedie avvenute in strutture pubbliche come scuole, ospedali, impianti sportivi, o strutture in cui si svolgono spettacoli o edifici simili.
Nella lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa e alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che accompagna la promulgazione della proposta di legge, Mattarella afferma di non potersi sottrarre al dovere di segnalare “taluni punti che non appaiono in linea con principi e norme della Costituzione“.
“Abbiamo purtroppo registrato in passato vittime causate da eventi relativi a strutture di altra natura – ricorda il Presidente della Repubblica – come il tragico crollo di una scuola elementare, dove persero la vita molti bambini e insegnanti. Perché negare loro lo stesso tipo di riconoscimento?”, domanda Mattarella nella lettera.
Le preoccupazioni su fondi e deleghe
Un’ulteriore criticità emergerebbe nella gestione dei fondi e sulle deleghe previste dalla legge Morandi. Le risorse stanziate, 7,1 milioni nel 2025 e solo 1,6 milioni dal 2026, sono giudicate insufficienti per affrontare in modo equo eventuali future tragedie.
Inoltre, la legge fa riferimento a norme secondarie per la definizione dei criteri per l’attribuzione dei benefici, lasciando troppo margine di discrezionalità amministrativa. Questo risulta in contrasto con la necessità di una disciplina primaria dettagliata, come stabilito dalla Corte Costituzionale.
Le discriminazioni nei criteri di assegnazione dei benefici
Secondo il Quirinale sono altrettanto gravi le discriminazioni nei criteri di assegnazione dei benefici. La legge nella sua forma attuale distingue tra figli di coppie sposate in chiesa e figli nati da unioni civili o convivenze. Secondo Mattarella questo andrebbe a creare “una inaccettabile disparità di trattamento”.
Nello specifico, viene criticata la collocazione delle unioni civili e delle convivenze nell’ordine di priorità dei beneficiari, relegate al terzo posto, dopo coniuge e figli, nonostante la giurisprudenza costituzionale le abbia più volte equiparate in termini di diritti patrimoniali e relazionali.
Tra i passaggi più duri della lettera, il Presidente Mattarella richiama l’art 2, comma 4, lettera b del testo di legge, che stabilirebbe l’ordine delle assegnazioni. Pur citando i “figli in mancanza del coniuge superstite“, la norma non chiarisce se siano inclusi quelli nati da unioni civili o da convivenze, generando, avverte il Capo dello Stato, il rischio concreto di una “inaccettabile discriminazione tra figli sulla base dello stato civile dei genitori“, in aperta violazione dell’art 3 della Costituzione.
“Non si può accettare – ribadisce Mattarella – che lo stato civile dei genitori condizioni i diritti dei figli. È un principio cardine della nostra democrazia”.
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