L’Europa si schiera con la comunità LGBTQIA+. Dopo le recenti modifiche della costituzione ungherese, la Commissione Europea si dichiara pronta a usare tutti gli strumenti a sua disposizione per garantire il rispetto dei diritti fondamentali della comunità.
La risposta di Bruxelles, anche se ancora in fase di studio, non si preannuncia morbida: “Per quanto riguarda le azioni, non esiteremo ad agire se necessario”, ha dichiarato la portavoce della Commissione Eva Hrncirova.
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“Siamo a conoscenza degli emendamenti adottati e dobbiamo esaminarli con molta attenzione“, ha sottolineato Hrncirova, sottolineando che l’analisi avverrà “dalla prospettiva del diritto europeo”. Non si esclude l’avvio di una procedura formale, qualora venissero riscontrate violazioni rispetto ai trattati Ue.
Una posizione rafforzata dalle parole della portavoce Arianna Podestà: “La nostra posizione su questi diritti è estremamente chiara: sosteniamo la comunità LGBTQ+. La legge presenta diversi aspetti da esaminare. La analizzeremo e poi vedremo a che punto siamo rispetto alla legge Ue”.
Il Parlamento ungherese vieta il Pride nella Costituzione
L’emendamento costituzionale proposto dal Presidente dell’Ungheria, Viktor Orban, che introduce nuove restrizioni contro la comunità Lgbt, è stato approvato a larga maggioranza dal Parlamento ungherese. Immediate sono state le reazioni delle associazioni arcobaleno, che hanno denunciato la “deriva illiberale” del governo.
Nell’ampio spettro di questioni coperte dal provvedimento passato con 140 voti favorevoli e 21 contrari, figura la limitazione del Pride che era già stato proibito alcune settimane fa con un emendamento relativo alla libertà di assemblea. Ora, la stretta viene iscritta nella legge fondamentale dell’Ungheria.
La riforma costituzionale permette l’utilizzo del riconoscimento facciale per tracciare e multare i partecipanti all’evento dedicato all’orgoglio Lgbt, oltre alla salvaguardia dei “diritti dei bambini allo sviluppo morale, fisico e spirituale prevalgono su qualsiasi altro diritto fondamentale diverso dal diritto alla vita, incluso quello di riunirsi pacificamente”.
Un emendamento che automaticamente chiama l’attenzione della definizione di genere, stabilendo che il sesso di una persona alla nascita “è una caratteristica biologica e può essere maschile o femminile”. Quindi, verrebbe rafforzata la linea del governo contro il riconoscimento delle identità di genere non binarie, eliminando il riconoscimento legale delle persone transgender e delle persone intersessuali.
Una modifica che, a detta del Governo di Orban, rappresenterebbe, come rimarcato dal Portavoce, Zoltan Kovacs, “una salvaguardia costituzionale contro le influenze ideologiche che minacciano il benessere dei bambini, in particolare nel contesto di eventi come le parate del Pride”.
Il nuovo emendamento consente inoltre agli ungheresi che possiedono la doppia cittadinanza in un Paese non appartenente allo Spazio Economico Europeo di vedersi sospendere la cittadinanza se sono ritenuti una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale.
Il provvedimento tra le altre, chiama in causa anche le modifiche alla Costituzione riguardano anche i cosiddetti poteri di emergenza, attivati da ultimo allo scoppio della guerra in Ucraina. In base all’attuale normativa, il governo dell’Ungheria ha la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza per 30 giorni, prorogabile a maggioranza dei due terzi dell’Assemblea nazionale per un massimo di 180 giorni e per un numero illimitato di volte. D’ora in poi, invece, il Governo non potrà più sospendere le leggi per decreto o derogare alle disposizioni di legge senza l’autorizzazione di una maggioranza di due terzi del Parlamento.
Con l’emendamento approvato, si pongono poi le basi costituzionali per l’autodifesa dei comuni, si garantisce il diritto ai pagamenti in contanti, inquadrato dai legislatori come una protezione contro il controllo digitale, e si autorizzano pene detentive per l’uso o il possesso di droghe, anche in piccole quantità.
Ungheria, le proteste
Le votazioni sono state precedute da contestazioni di parlamentari dell’opposizione e di dissidenti che hanno cercato di impedire l’ingresso in Parlamento ai deputati di maggioranza. Manifestazioni di protesta si stanno tenendo anche in altri punti della capitale.
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