Dopo la visita in Ungheria del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu si dà il via all’incontro con il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il premier israeliano stando a quanto era stato riferito, discuterà con il Tycoon “degli ostaggi, del completamento della vittoria a Gaza e, naturalmente, del regime tariffario che è stato imposto anche a Israele“. Gli Stati Uniti hanno difatti imposto a Israele dazi del 17%.
Ora però, la tanto attesa conferenza stampa congiunta prevista per le 20.30 (ora italiana), è stata annullata. La disdetta trasmessa dalla Casa Bianca è stata anche confermata dall’ufficio del leader israeliano al Times of Israel. Non sarebbero state fornite motivazioni in merito alla decisione, ma sono attese dichiarazioni congiunte nello Studio Ovale successivamente al colloquio tra Netanyahu e Trump. Come potrebbe essere anche che i due amici di vecchia data non abbiano trovato un accordo sulle tariffe del 17% contro Israele che il Bibi sperava di far annullare.
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Israele aveva tentato di evitare la scure dei dazi un giorno prima dell’annuncio del presidente americano cancellando tutte le imposte dell’1% sui beni americani ancora interessati ma al Tycoon evidentemente non è bastato.
Cosa prevede l’incontro
Oltre al vis à vis con Trump, Netanyahu nel corso della sua visita negli Stati Uniti, ha avuto un colloquio anche con il segretario al Commercio, Howard Lutnick, e un incontro allargato con alcuni membri dell’amministrazione trumpiana, tra cui l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff. “Sono il primo leader internazionale ad incontrare il presidente Trump su una questione così cruciale per l’economia di Israele“, ha puntualizzato entusiasta il premier israeliano in un video all’aeroporto di Budapest.
“Spero di poter dare un contributo in questa questione,” ha ribadito il leader israeliano prima di imbarcarsi sull’aereo di Stato a Budapest, “questa è l’intenzione.” Nel sottolineare di essere il primo leader mondiale a incontrare Trump di persona dopo l’introduzione dei dazi, Netanyahu ha evidenziato che “questo riflette il legame personale speciale e il legame speciale tra Stati Uniti e Israele, che è così vitale in questo momento.”
Dazi a parte, Netanyahu è sbarcato a Washington anche per cercare la sponda del presidente americano su altri due dossier: la guerra a Gaza e gli ostaggi e la minaccia dell’Iran. Dopo la rottura della tregua mediata dagli Stati Uniti, Israele ha intensificato la sua offensiva militare e ha imposto un blocco di cinque settimane agli aiuti nella Striscia, una mossa aspramente criticata dall’Onu e le organizzazioni umanitarie.
Dalla fine del cessate il fuoco, secondo i dati del ministero della Salute palestinese, sono oltre 1.400 le vittime dei raid di Israele, mentre Hamas ha denunciato che le forze israeliane hanno ucciso 490 bambini palestinesi nella Striscia negli ultimi 20 giorni. In un vertice trilaterale al Cairo, il presidente francese Emmanuel Macron, quello egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il re Abdallah II di Giordania hanno fatto fronte comune contro i piani del Tycoon e hanno chiesto un “immediato ritorno al cessate il fuoco“.
Per discutere della situazione nella Striscia, proprio poche ore prima dell’incontro tra Trump e Netanyahu, Macron ha anche organizzato una teleconferenza con il presidente americano, Sisi e Abdallah, come ha riferito l’Eliseo. Per quanto riguarda l’Iran, Trump ha insistito anche con Bibi di volere “colloqui diretti” con Teheran su un nuovo accordo per frenare il programma nucleare del regime, ma ha anche assicurato al premier il suo sostegno in caso di un attacco di Israele contro gli impianti iraniani se non si raggiungesse un’intesa.
Il Primo Ministro esprimendo il suo sostegno alle famiglie degli ostaggi apparse di recente in video diffusi da Hamas, ha ribadito l’impegno dello Stato ebraico. “Stiamo lavorando anche in questi momenti per ottenere la loro liberazione, e non ci fermeremo,” afferma mentre Israele continua ad espandere la sua operazione terrestre a Gaza.
Netanyahu in Ungheria
A bordo del volo per Washington, un alto funzionario israeliano che accompagna il premier Netanyahu negli Usa ha informato i giornalisti che lo staff del primo ministro “non ha idea di che cosa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump voglia parlarci, e perché è così urgente e importante per lui“, quando in realtà la delegazione immaginava ad un possibile incontro la prossima settimana.
Secondo Channel 12, il Tycoon e Netanyahu rilasceranno domani alcune dichiarazioni congiunte alla stampa. Mentre, si prevede che Netanyahu rientrerà in Israele mercoledì, per poi raggiungere direttamente il tribunale e testimoniare nel processo in cui è imputato per corruzione e frode.
Prima di imbarcarsi sull’aereo Wing of Zion diretto a Washington, il leader ha elogiato lo stato ungherese per il sostegno e la costante difesa che rivolge a Israele nel contesto dell’Unione Europea. “Ci difende all’Onu – spiega Netanyahu – e non meno importante, presso il corrotto Tribunale penale internazionale dell’Aia, che è diretto contro tutti noi, contro i soldati dell’Idf, i comandanti e lo Stato di Israele“.
Il Primo Ministro fa riferimento al mandato di arresto emanato dalla Corte penale internazionale, la Cpi, nei suoi confronti. Il 21 novembre 2024, la Corte dell’Aja ha emesso i mandati per il leader israeliano e l’ex Ministro della Difesa oltre che per la leadership di Hamas, a seguito di una richiesta presentata a maggio scorso dal procuratore Karim Khan. Il Tribunale ha citato la concreta possibilità di crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel conflitto tra Israele e Palestina.
La Cpi non ha il mandato per eseguire i suoi ordini e si affida di conseguenza ai suoi 124 Stati membri, tra cui figurano i 27 Stati dell’Unione europea, per arrestare i sospettati in libertà. L’Ungheria è l’unico Paese dell’Ue che ha dichiarato già agli albori di voler “disobbedire agli ordini della Corte“. Motivo per cui, nel corso della sua visita diplomatica nel territorio ungherese, il Presidente Victor Orban ha deciso di non prendere in considerazione tale indicazione. Netanyahu ha anche sottolineato che che il ritiro dell’Ungheria dalla Corte penale la scorsa settimana è “un segno di ciò che verrà“
Intanto in Usa
Nel frattempo, gli Usa hanno consegnato all’Idf un ulteriore sistema di difesa antimissile Thaad e due batterie Patriot, dopo quelli dello scorso anno. Sabato, un cargo Usa C-5M Super Galaxy proveniente da Ramstein in Germania è atterrato alla base di Nevatim nel Negev e ci è rimasto per diverse ore. Il Thaad è considerato cruciale nella difesa spaziale mobile ad alta quota perché ha la capacità di intercettare missili fuori dall’atmosfera.
Secondo gli analisti, il trasferimento ha a che vedere con le intenzioni del primo ministro di difendere strenuamente gli interessi essenziali di Israele, considerando l’intenzione espressa da Trump di negoziare rapidamente con Teheran un nuovo accordo che impedisca agli ayatollah di dotarsi di armi nucleari. Senza accordo, ha detto il presidente Usa, l’Iran subirà bombardamenti come “non ha mai visto“.
E con un’azione definita clamorosa dai commentatori internazionali, gli Stati Uniti hanno inviato nei giorni scorsi sei bombardieri B-2 sulla piccola isola dell’Oceano indiano di Diego Garcia. Ossia i bombardieri strategici dotati di capacità stealth, in grado di trasportare sia armi nucleari che la gigantesca bomba bunker da 12 tonnellate, sviluppata dall’America appositamente per colpire gli impianti nucleari sotterranei in Iran.
Medio Oriente, riprendono le proteste a Gaza
Intanto, a Gaza sono scoppiate nuove proteste, dove centinaia di palestinesi stanno manifestando nel campo di Jabalia, nel Nord della città chiedendo la fine della guerra e che Hamas lasci il potere. Le persone sfilano urlando slogan come ‘fine della guerra‘, ‘sì, sì, Hamas è un’organizzazione terroristica“. Le manifestazioni di circa due settimane fa si erano fermate da alcuni giorni e hanno ripreso oggi. Mentre, sui social, i manifestanti dell’enclave avevano postato filmati in cui si vedevano manifestanti inseguiti e dispersi dagli agenti della sicurezza di Hamas.
Sul fronte della Striscia, i raid dell’Idf continuano a martellare, specie nel sud e al centro: tra le prime ore di domenica e durante la giornata l’aeronautica ha lanciato diversi attacchi provocando, secondo la protezione civile di Hamas, 44 morti. Il cessate il fuoco nell’enclave sarà al centro del summit del 7 e 8 aprile al Cairo a cui prenderanno parte il presidente egiziano Sisi, quello francese Emmanuel Macron e il re di Giordania Abdallah.
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