Ucraina, dubbi sull’eventuale post cessate il fuoco: avanzata l’ipotesi di una missione Onu

Quella dell'egida delle Nazioni Unite sembrerebbe l'unica possibilità di ottenere il via libera dalla Russia per l'invio di truppe a Kiev. Mosca ha uno dei seggi permanenti nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, per cui potrà votare a favore della possibilità, evitando di scatenare un nuovo conflitto contro i Paesi Ue

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La pace in Ucraina sembra ancora lontana, eppure l’Europa continua a riflettere su cosa potrebbe accadere dopo il suo annuncio ufficiale. La paura che la Russia possa procedere con una seconda invasione o che, forte delle sue conquiste, possa decidere di invadere un secondo Paese europeo è fortissima, per cui si riflette sui “dispositivi di sicurezza” da mettere in atto per evitare che queste ipotesi diventino realtà.

Ormai, quindi, non si parla neanche più di “garanzie di sicurezza“, ma si preferisce utilizzare un termine più concreto, che dimostri a tutte le parti in gioco le reali intenzioni del Vecchio Continente. Oltre allo scetticismo di alcuni Paesi, che non sarebbero alquanto convinti della possibilità di inviare truppe di interposizione in Ucraina, come proposta da Francia e Gran Bretagna, l’Europa deve abbattere il muro compattissimo e durissimo della Russia, che non sembra intenzionata a cedere all’arrivo dei soldati europei a Kiev.

Sembrerebbe quindi sempre più probabile la possibilità di cedere alla proposta del premier italiano, Giorgia Meloni, che da settimane ribadisce la necessità di procedere con una missione di pace guidata dall’Onu. Solo in questo modo, infatti, si potrebbe aggirare il veto russo e allo stesso tempo evitare un reale coinvolgimento dei Paesi europei nel conflitto, in quanto non vi sarebbe il coinvolgimento della Nato né dell’Unione.

La missione di pace in Ucraina sotto l’egida dell’Onu

Secondo quanto si apprende dalle indiscrezioni riportate dall’Ansa, sembrerebbe che la possibilità di coinvolgere l’Onu permetterebbe alla Russia di dare un ufficiale via libera alla missione, in quanto la Nazione di Vladimir Putin è uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questa, quindi, sembrerebbe al momento l’unica strada percorribile, in quanto permetterebbe alla missione di assumere un’aria di neutralità di fronte alla Russia.

Si lavora, quindi, per comprendere in che modo sviluppare questo piano. Sembrerebbe che sia stata ipotizzata la possibilità di procedere attraverso quattro linee di difesa del territorio ucraino. Innanzitutto, nella zona demilitarizzata di Kiev, ovvero quella maggiormente interessata dal conflitto, agirebbero i Caschi blu di Paesi non europei non membri dell’Onu, che avrebbero il compito di proteggere città, porti e altre infrastrutture del Paese.

Poi, la linea immediatamente successiva sarebbe occupata dalle truppe di Kiev, mentre il terzo settore sarebbe composto dai contingenti della “coalizione dei volenterosi“, quindi a trazione europea. Queste truppe, inoltre, potrebbero essere schierate sia all’interno dell’Ucraina che all’esterno, ovvero al confine con il Paese, al fine di svolgere la funzione di controllo e sorveglianza del territorio. La quarta e ultima linea sarebbe quindi occupata dalle truppe Usa, necessarie come ultima garanzia sia dagli Usa che dall’Ucraina.

In questo modo, però, senza il benestare degli Stati Uniti la missione potrebbe non partire. Il mancato coinvolgimento statunitense, infatti, potrebbe inficiare il valore della missione e non garantire a Kiev la sicurezza che per il momento necessita. Sembrerebbero esservi alcuni problemi anche nel capire la quantità delle forze da schierare. Se inizialmente Francia e Regno Unito avevano annunciato la volontà di schierare circa 30mila soldati, ripartiti in base al numero di Paesi partecipanti, oggi l’intenzione è di inviarne 20mila.

Il punto chiave, comunque, resta la difesa aerea del territorio ucraino, anche se è in discussione la possibilità di includere nel piano una task force specializzata nella sicurezza della navigazione nel Mar Nero. Al momento, dunque, le certezze sembrano poche e l’apertura alla collaborazione con il Palazzo di Vetro potrebbe trasformarsi nel discrimine necessario all’Italia per prendere parte alla missione.

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