Il banco di prova del Pd di Elly Schlein potrebbe essere più vicino del previsto. Domani e mercoledì, al Senato e alla Camera, dovranno essere votate le risoluzioni dei partiti e delle coalizioni sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del prossimo Consiglio europeo, che si terrà il 20 e il 21 marzo a Bruxelles. A solo una settimana di distanza dal voto del Parlamento europeo sul “libro bianco” della difesa e sul sostegno all’Ucraina, che ha creato non pochi problemi in seno al centrodestra e al Partito democratico, la politica italiana sarà chiama a prendere una decisione.
Lo scorso martedì, il Pd si è spaccato sulla risoluzione della difesa europea, con gli eurodeputati che si sono divisi quasi esattamente a metà, di fronte alla decisione se sostenere o no gli investimenti militari in Europa. Undici deputati, infatti, hanno deciso di seguire la linea di astensione della segretaria Elly Schlein, mentre i restanti dieci sono rimasti fermi sulle posizioni dell’ala riformista, decidendo di votare a favore del piano.
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Una spaccatura che ha creato un certo subbuglio, tanto da fare arrivare a vociferare qualche democratico su un possibile congresso. Oltre al toto nomi piuttosto fallimentare sull’eventuale sostituto della segretaria, nel Pd è nata anche la consapevolezza della necessità di un chiarimento di linea politica, soprattutto per quanto riguarda l’estero. La stessa Schlein ha confermato il quadro, sostenendo che il partito dovrà riunirsi per decidere la sua posizione.
Intanto, però, appare più urgente trovare una quadra che permetta al partito di evitare di spaccarsi anche nel Parlamento italiano. Oggi, quindi, per tutto il pomeriggio e fino a tarda serata si è svolta una riunione dei democratici, a cui hanno preso parte anche il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia, i capigruppo delle commissioni Esteri e Difesa Senato Stefano Graziano, Enzo Amendola e Alessandro Alfieri. che è anche il coordinatore della minoranza.
La risoluzione di Schlein da presentare al Senato e alla Camera
Un impegno finalizzato alla stesura di una risoluzione che possa mettere d’accordo tutte le ali del partito e giungere in Aula come un fronte unito e non come una forza frammentata e indebolita dalle sue stesse prove interne. Così, mentre Meloni cerca di stendere una risoluzione che accontenti i suoi alleati, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, la segretaria del Pd cerca di rimettere insieme i pezzi del suo partito.
Ciò che sembrerebbe certo è che la riunione è stata interrotta per un breve periodo e poi è ripresa a causa di alcune incompatibilità proprio sul piano di Von der Leyen per la difesa europea. Inizialmente, infatti, sembra che sia stato chiesto di “modificarlo radicalmente“, mentre l’ala riformista avrebbe dichiarato di propendere per la linea di alcuni big del partito, che invece hanno definito il piano come “un primo passo” nella giusta direzione. Sembrerebbe, infine, che si sia giunti ad una conclusione e che alla fine nella risoluzione sia stato inserito semplicemente che “il piano va cambiato“.
La risoluzione è stata quindi limata nei minimi particolari, per evitare strappi anche se ormai il danno sembra fatto. Dopo il voto “spaccato” al Parlamento europeo, il partito ha provato a ricongiungersi tramite la manifestazione pro-Europa che sabato si è tenuta a piazza del Popolo a Roma, eppure la ferita sembra ancora sanguinante. A confermarlo anche la doppia smentita di Michele Emiliano e di fonti del Nazareno, che avrebbero escluso che la segretaria si sia lamentata della posizione di Antonio Decaro sul piano europeo.
Nonostante le difficoltà odierne, domani il Pd non correrà un pericolo eccessivo. Al Senato, infatti, la votazione sulla risoluzione di maggioranza precluderà quello su tutte le altre, evitando quindi una dura conta dei voti nelle opposizioni. In ogni caso, tutte le forze del centrosinistra sembrano intenzionate a presentare risoluzioni individuali, e quindi diverse da tutte le altre. La questione, quindi, potrebbe farsi più complessa durante il voto alla Camera, quando i documenti saranno tutti votati anche per parti separate.
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