Radici, il viaggio alle origini ispirazionali di Armani

La Milano Fashion Week si è conclusa con la sfilata di Giorgio Armani che prosegue la riaffermazione delle radici della maison, tra palette naturali e luccichii di terre arse dal sole

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Radici attingenti dalla forza dei minerali e dalla ricchezza della terra a costruzione di un’intimità ovattata. E’ la collezione Autunno/Inverno 2025-2026 di Giorgio Armani. Dall’oscurità dell’Armani/Teatro in via Bergognone a Milano emerge la matericità dei tessuti, dei ricami e del design messi a segno per definire il ritorno all’essenza dello stile ‘armaniano’. Proprio quello stile dai contorni chiari e netti fatto per essere ricordati e non per essere notati.

Ho voluto immaginare una nuova armonia, perché penso sia quello di cui tutti abbiamo bisogno“, spiega il signor Armani che nelle radici riafferma il suo stile autentico e omaggia la natura primordiale. E così, nell’architettura di Tadao Ando, sfilano linee fluide e morbide di foglie di velluti, cashmere e sete jacquard nei toni caldi della terra. Una nuova armonia calcolata sull’eleganza e la semplicità di pochi elementi, che si ritrova nelle palette cromatiche, dai toni sabbiosi e dorati all’intensità sagace dei marroni e dei verdi, fino ai bagliori del blu quarzo e del più armaniano dei colori, il greige galenite.

Radici interpretate come il principio responsabile dell’inizio di tutte le cose e assorbite nei quattro elementi primari di terra, acqua, aria e fuoco, diventano quindi la coerenza alla matrice del designer piacentino, il legame profondo con la sua estetica distintiva ed eterna. Ogni sfumatura racconta un paesaggio, ogni tonalità suggerisce una connessione diretta con la natura. Ogni collezione è un nuovo punto di vista sui codici immortali di Armani, figlia delle riflessioni che nutrono il talento e l’esperienza.

Nell’aria, invece, le note di un pianoforte portano gli echi di terre lontane, di un profondo Oriente e di un sud del mondo che si fondono nell’atemporalità e nel senza luogo, in “un sempre e ovunque“. E quindi, si sfiora l’impalpabile degli abiti, di veli sottili e tuniche di cristalli. La traduzione effettiva di una femminilità armaniana più misteriosa del solito, intoccabile ma pragmatica che è inno alla purezza e al rigore.

Una collezione a gran finale della Milano Fashion Week che espone il principio delle ispirazioni di Giorgio Armani. E come in teche di un museo di scienza naturale, il Re custodisce le origini della maison raccontandole con colori vulcanici e bagliori di pietre ancestrali, in un calore di paesaggi arsi dal sole.

Un Armani ambrato e pepato

Nella sera, questo universo terreno e minerale si traduce in ricami preziosi come gemme e scintillanti come cristalli di pietra lavica a concretizzazione dell’onirico tipico della moda armaniana. Le creazioni, presentate tra il freddo marmo del teatro e i salotti vellutati allestiti ad hoc, sono una forma di couture incanalata e progettata con quella praticità che fa sì che possano essere realizzate in serie, per regalare un sogno e raccendere un desiderio. Lo sguardo ammiccante e magnetico delle modelle completa la narrazione trasmettendo un forte senso di sicurezza senza sforzo, una potenza espressiva figlia di un pensiero forte.

Poi, l’ultimo look che tira le fila di quello che è stato un viaggio verso il centro della terra che si vorrebbe non finisse mai. Cala il buio, sfuma la luce e il silenzio lascia spazio ad applausi cauti che non vogliono svegliare il pensiero dall’incanto di Armani. Quel che resta è un sapore minerale, pepato e fresco e un profumo ambrato, caldo e speziato.

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