Difesa, il piano di Meloni tra immobilismo e valutazioni: aumento delle spese militari e l’attesa del vertice Ue

Giorgia Meloni sceglie di non cedere agli strappi e di attendere invece l'evoluzione naturale di questo periodo di veloci mutazioni geopolitiche, nella speranza di mantenere invariati i rapporti con Bruxelles e Washington. Un'indiscrezione de Il Corriere della Sera vedrebbe però il Mef al lavoro per capire se l'Italia possa permettersi un aumento delle spese militari legate alla Nato di un punto percentuale rispetto al Pil

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All’interno di un quadro geopolitico complesso come quello attuale risulta difficile capire quale sia la strategia adottata dal governo Meloni per far fronte alle novità sempre più veloci che investono la politica estera europea. Tra gli strappi di Donald Trump, che chiede a gran voce le terre rare di Kiev e un maggiore impegno europeo sul fronte del sostegno all’Ucraina, e le difficoltà dell’Ue a comprendere in che modo rispondere alla minaccia dei dazi e delle mancate garanzie di sicurezza Usa a Kiev, l’Italia riflette e cerca di comprendere la sua posizione.

Così, il nostro Paese sembra fermo nell’immobilismo, scelto per evitare di aggiungere “caos al caos” e al contempo studiare a fondo la situazione, così da non cedere a passi in avanti che potrebbero compromettere da un lato le relazioni con Bruxelles e dall’altro quelle con Washington. Nel frattempo, due leader europei hanno raggiunto Donald Trump alla Casa Bianca per discutere sia della posizione del Vecchio continente sulla guerra russo ucraina, sia per trattare di argomenti di pura politica commerciale.

Resta poi centrale la necessità di riflettere sulla difesa europea e sulle capacità di ogni Paese di aumentare le spese militari per la Nato. Secondo un’indiscrezione del Corriere della Sera, il ministero dell’Economia italiano sarebbe al lavoro per comprendere se sia possibile aumentare l’impegno del Paese fino al 2,5% del Pil. Si tratterebbe di una spesa ulteriore di 20 miliardi di euro, che potrebbe però accontentare le richieste di Donald Trump.

Il nodo delle truppe europee a Kiev

Emmanuel Macron e Keir Starmer hanno tentato di ricordare la centralità europea nel sostegno a Kiev, rivendicando un posto nei negoziati per la pacificazione dell’Ucraina e chiedendo maggiori garanzie agli Stati Uniti, anche nel dopoguerra. Il premier britannico sarebbe riuscito ad ottenere dal presidente Usa alcune rassicurazioni, anche se, come in passato, il Tycoon potrebbe cambiare idea in ogni momento. Intanto in Italia, Giorgia Meloni resta scettica sul metodo con cui l’Ue risponde all’emergenza.

Il presidente americano Donald Trump
Il presidente americano Donald Trump

Le riunioni ristrette di Parigi e Londra, quest’ultima prevista per dopodomani, potrebbero complicare la situazione. Unico spiraglio di speranza è il vertice straordinario del Consiglio Ue previsto per il 6 marzo. Il governo italiano sarebbe confuso anche sull’entità degli aiuti proposti da Francia e Regno Unito. L’invio dei 30mila soldati sembra troppo ristretto per le reali necessità di Kiev e al momento non sembra chiaro chi siano gli Stati disposti a seguire Starmer e Macron nelle loro proposte.

L’Italia non prende una posizione pubblica, forse in attesa di poter discutere della questione proprio al Consiglio Ue del prossimo 6 marzo. Proprio da questo vertice, secondo il governo italiano, dovrà partire un segnale duro nei confronti di Donald Trump in merito all’impegno richiesto sulla difesa comune, con nuove riflessioni sui finanziamenti e magari maggiore flessibilità. Questo aspetto potrebbe rivelarsi fondamentale per permettere all’Ue di raggiungere Usa e Russia al tavolo dei negoziati.

L’Italia e l’aumento della spesa militare

Al contrario, prendere una posizione individuale rispetto all’Unione europea e soprattutto in tempi prematuri potrebbe rivelarsi controproducente. Gli Stati Uniti, infatti, potrebbero sempre decidere di procedere con posizioni ben più dure nei confronti del Vecchio Continente, facendo leva sulle percentuali di spesa militare per la Nato. L’Italia stessa, ad oggi, non ha raggiunto il 2% richiesto dall’Alleanza Atlantica, ma è ferma a poco più dell’ 1,5%, ovvero 31,7 miliardi del Pil.

Proprio su questo aspetto, come riporta il Corriere della Sera, sembrerebbe che il governo stia effettuando delle valutazioni. Si starebbe prendendo in considerazione l’aumento di un punto percentuale rispetto al Pil, sempre in vista dell’eventuale scorporo proposto dall’Ue di questa spesa dal Patto di stabilità. Un piccolo passo in avanti verso le richieste di Trump, che sempre più violentemente continua a chiedere all’Europa di fare di più, per avvicinarsi agli sforzi che finora sono stati compiuti dagli Usa.

Al centro della decisione, però, vi sarebbe anche la consapevolezza che nei prossimi anni la posizione della Nato rispetto alla Russia potrebbe mutare profondamente. La valutazione del governo, quindi, diventerebbe un tentativo di prepararsi in anticipo, per evitare di essere presi alla sprovvista in un prossimo ed eventuale futuro.

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