L’Ue può evitare i dazi? Cosa vuole (davvero) Trump dal Vecchio Continente

Minacce, slogan e tante discorsi simil-campagna elettorale, sono la strategia di Trump per convincere l'Ue che gli Usa nella guerra commerciale avranno il pugno duro. Questa stessa situazione ha però insegnato all'Europa, e all'Italia, che diversificare i propri mercati e aprire le proprie vedute rende più forti e soprattutto inattaccabili

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Se anche il Wall Street Journal definisce la teoria dei dazi di Donald Trump come “la più stupida guerra commerciale della storia“, forse dovremmo iniziare a porci qualche domanda. Dopo mesi di campagna elettorale dove sono fioccate le accuse contro l’amministrazione Biden, contro gli immigrati irregolari che mangiano cani e gatti e soprattutto contro le economie estere che non acquistano abbastanza prodotti Made in U.S.A., The Donald è pronto a mettere in atto il suo piano.

La teoria di espansionismo, quasi coloniale, nei riguardi del Canale di Panama, della Groenlandia e del Canada, sembrano quasi un lontano ricordo, un sogno febbrile, che ad oggi non ha più molto senso. Il pericolo su cui concentrarsi, adesso, non è più la possibilità che Trump decida di invadere con i suoi eserciti i Paesi esteri, ma che si impegni ad affossarne le economie con i famigerati dazi. Si tratta di imposte sulle merci che vengono esportate e importate, o che comunque durante il loro trasporto attraversano il confine da uno Stato all’altro.

L’aumento di questi dazi, dunque, nega al Paese esportatore di guadagnare sulla sua merce, a meno che non ne alzi il prezzo, rischiando però di non essere più competitivo. Una minaccia non da poco, che però Trump aveva già utilizzato nel suo primo mandato, proprio contro l’Unione Europea. In quel caso si trattava di dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio, che però in Ue non furono mai effettivamente attivati. Cosa cambia rispetto ad oggi?

Trump e l’esperienza della prima guerra dei dazi

Il presidente Usa questa volta ha un’esperienza maggiore, maturata anche con il fallimento del 2018, e si è circondato di una squadra di fedelissimi che sono esperti nei campi di cui si occupano; basti ricordare l’elezione di Scott Bessent al ministero del Tesoro, devoto sostenitore della teoria dell’America first e soprattutto grande interlocutore delle società americane e dei mercati finanziari. Trump, inoltre, prende decisioni molto più rapide, grazie all’uso degli ordini esecutivi, ovvero provvedimenti che hanno effetto immediato a livello federale, anche senza l’approvazione del Congresso.

Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump
Il presidente degli Usa, Donald Trump

Così, le minacce dei dazi si mischiano con un turbinio di altre decisioni, riguardanti sia la politica interna che quella estera degli Usa, a velocità che non fanno altro che confondere. Quali sono i reali obiettivi del Tycoon e quali invece sono le promesse inattuabili necessarie solo a creare un certo scompiglio? Il 4 febbraio i dazi contro Messico e Canada sono stati sospesi per 30 giorni, senza essere mai entrati in vigore, grazie all’apertura di un tavolo di trattative,

I due Paesi si impegneranno nel controllo dei confini e soprattutto nello stop alla commercializzazione del Fentanyl negli Usa, dove il farmaco provoca centinaia di migliaia di morti l’anno. Nella consapevolezza di quanto accaduto, ovvero dell’uso dei dazi da parte di Trump come strumento di coercizione per ottenere un guadagno ben specifico, resta da chiedersi: cos’è che il miliardario vuole dall’Unione europea?

Armi, gas e meno rapporti con la Cina: il piano di Trump per l’Ue

Il Tycoon nelle scorse settimane ha trattato anche le questioni legate all’Unione europea, ponendo l’accento su due questioni cruciali: innanzitutto il troppo poco apporto che l’Ue porterebbe alla Nato, con spese militari non ritenute adatte alle richieste dei tempi attuali, e poi le importazioni troppo poco convenienti di prodotti statunitensi in Europa. Nel primo caso, Donald Trump ha già minacciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Alleanza Atlantica, nel caso in cui le spese militari europee non aumentino.

Nel secondo caso, il quadro appare meno chiaro. Un’indiscrezione del Telegraph vedrebbe The Donald intento a valutare dazi del 10% nei confronti di tutte le merci Ue esportate negli Usa. Una vera e propria condanna, anche per l’Italia, se si considera che nel 2023 gli scambi di beni e servizi tra Ue e Usa hanno superato i 1500 miliardi di euro. Gli Stati Uniti, però, nel 2024 hanno registrato un forte aumento del deficit, in particolare con Cina e Ue. Si tratta di un crollo di 295,4 miliardi con Pechino e di 235,6 miliardi con l’Ue, in primis con Irlanda, Germania ed Italia.

La presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen
La presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen

La minaccia dei dazi, quindi, potrebbe colpire su più fronti. Innanzitutto, come con il Messico, Trump potrebbe chiedere all’Ue di limitare le importazioni dalla Cina, scegliendo invece quello americano come mercato privilegiato. Chiedendo poi di aumentare le spese militari, potrebbe convincere l’Ue ad acquistare armi dalla potente industria bellica Usa. Infine, sfruttando la crisi del gas russo, che dal primo gennaio scorso non arriva più in Ue attraverso i metanodotti di Kiev, potrebbe stringere accordi con i Paesi europei per portarli ad acquistare gas statunitense.

Una possibilità su cui Ursula Von der Leyen si è detta disponibile, nella consapevolezza di dover aprire negoziati per evitare che la competitività e le industrie europee subiscano ancora di più la dipendenza dai Paesi d’oltreoceano. Proprio la strategia del Tycoon, però, ha dimostrato all’Ue la necessità sempre più impellente di aprire i mercati a nuove realtà, anche a quelle più distanti da noi ma con cui condividiamo priorità e obiettivi, come sottolineato dalla presidente della commissione Ue.

Il nuovo piano strategico dell’Italia

In questo quadro composito e complesso, quindi, prende vita la strategia italiana in materia di politica estera. Le parole di Giorgia Meloni, che ricordano ciclicamente come gli impegni in politica estera siano sempre più “una questione di politica interna“, assumono quindi un significato sempre più specifico. Le nuove linee programmatiche del 2025 di Palazzo Chigi sembrano puntare proprio ad una sempre più vicina differenziazione dei commerci italiani, che possano quindi imparare a sopravvivere agli attacchi esterni, continuando a sostenere l’economia italiana.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Riduzione delle dipendenze esterne di natura commerciale che in molteplici ambiti costituiscono una potenziale minaccia per la libertà e la crescita del continente europeo“, è quanto si legge nel documento riguardante la presidenza del Consiglio. Si tratta, quindi, della volontà di diversificare i mercati di esportazione italiani. L’obiettivo sarebbe quello di puntare verso il Medio Oriente, come dimostrato anche dagli accordi da 10 miliardi di euro siglati dal premier Meloni con il principe bin Salman a Riad.

I prossimi passi saranno le trattative con il leader degli Emirati arabi, Zayed, con l’India di Narendra Modi e con il Vietnam e altri Paesi del Sud Est asiatico. Il fine è quello di allargare il mercato, permettendo esportazioni rilevanti in diversi Paesi del globo, che fungano da “cintura di sicurezza” per l’Italia di fronte a incidenti di percorso. Una nuova prospettiva nata proprio dall’esigenza di non trovarsi impreparati di fronte agli imprevisti, nella consapevolezza della sempre meno prevedibile ecletticità del presidente americano.

In fin dei conti, se gli spaventi giungono anche da Paesi alleati come gli Stati Uniti, l’Italia e l’Unione europea devono prepararsi ad affrontare un futuro sempre più incerto e soprattutto spaventoso. Così, la “più stupida guerra commerciale della storia” veste nuovi abiti e diventa per il nostro Paese e in generale la comunità europea una importante lezione di sopravvivenza, ormai sempre meno scontata.

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