Almasri, Cpi smentisce procedura sul governo italiano: Nordio chiede spiegazioni sulle incongruenze

L'accusa sarebbe quella di "ostacolo all'amministrazione della giustizia ai sensi dell'articolo 70 dello Statuto di Roma", presentata dai legali di un rifugiato sudanese, residente in Francia, che nel 2019 aveva raccontato di presunte torture subite per mano di Almasri nel corso della sua prigionia in Libia

7 Min di lettura

La Corte penale internazionale (Cpi) è chiamata a valutare l’accusa di “ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma” nei confronti del governo italiano in relazione al caso Almasri. Questa la notizia che è circolata nelle prime ore di oggi pomeriggio, ma prontamente smentita da fonti interne del governo contattate dall’Ansa.

Secondo quanto da loro dichiarato, non esisterebbe ad oggi nessun procedimento aperto contro l’Italia dal Tribunale Internazionale dell’Aja. A poca distanza, anche la Cpi ha dichiarato: “Non vi è aperto alcun caso contro esponenti italiani“.

La “denuncia” riportava i nomi del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e sembrava fosse stata consegnata all’ufficio del procuratore, per poi trasmetterla al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale.

La notizia, riportata da Avvenire.it, è stata dunque smentita. La testata spiegava come la denuncia fosse stata presentata da un rifugiato sudanese che, già nel 2019, aveva raccontato agli investigatori internazionali di presunte torture subite dalla sua persona e da sua moglie per mano del generale Almasri, quando entrambi si trovavano in Libia. Il cittadino sudanese è residente in Francia con lo status di rifugiato e avrebbe presentato “un’ampia serie di prove” all’ufficio del procuratore.

La Corte dell’Aja ha cercato di chiarire quanto accaduto, spiegando che secondo quanto riporta lo Statuto di Roma “qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni al procuratore della Corte“. Si tratterebbe, però, di comunicazioni che l’ufficio del procuratore della Corte non commenta.

Tajani: “Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Cpi”

La politica italiana è ovviamente intervenuta sulla questione, con maggioranza e centrosinistra che hanno ovviamente preso le loro posizioni. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sostenuto l’ipotesi di dover, forse, “aprire una inchiesta sulla Corte penale” perché sarebbe necessario avere chiarimento su “come si è comportata“.

Il vicepremier forzista ha poi ribadito la sua fiducia nei suoi colleghi, sottolineando che “l’atto inviato all’Italia era nullo“. Proprio per questo, il ministero della Giustizia starebbe valutando una richiesta di spiegazioni sulle incongruenze nelle procedure attivate per il mandato di arresto del generale libico.

Le opposizioni hanno deciso di non rimanere estranee alla questione, annunciando di voler scendere nuovamente in campo con un dibattito sulla “protezione del sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni, in particolare la Cpi e la Corte internazionale di giustizia” all’Eurocamera. Il dibattito è previsto per il prossimo martedì a Strasburgo e M5S e Sinistra Italiana hanno già annunciato di voler utilizzare questa occasione per portare in Europa il caso Almasri.

Le presunte imprecisioni nella “denuncia”

Proprio la sua testimonianza sarebbe una di quelle contenute nell’atto d’accusa nei confronti Almasri, allegato al suo mandato di cattura emesso dalla Corte dell’Aja. La denuncia è composta da 23 pagine, redatte dai legali del rifugiato, entrambi impegnati in numerosi processi davanti alle giurisdizioni internazionali.

La testata Avvenire ha quindi potuto visionarle e sembrerebbe che in esse siano presenti alcune imprecisioni, di cui una riguardante la durata della permanenza del generale libico in Italia.

Secondo la denuncia, Almasri sarebbe rimasto in Italia per dodici giorni, ma in realtà vi sarebbe stato solo dal 18 al 22 gennaio, mentre nel periodo precedente si trovava in altri Paesi Ue. Nello specifico, poi, la denuncia riguarderebbe un presunto abuso da parte dei rappresentati del governo italiano dei loro poteri esecutivi, esercitati per “disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali“.

La smentita

La fonti del governo italiano, invece, hanno spiegato che il procuratore della Cpi non ha ufficialmente inviato la denuncia del cittadino sudanese né al registrar né ai giudici. Il rifugiato sudanese, viene spiegato ancora, ha inviato una mail all’indirizzo mail dedicato dell’ufficio del procuratore.

Ogni comunicazione tra le moltissime che arriva, viene vagliata e, solo se ritenuta fondata può originare un procedimento, che richiede mesi. Ad ogni modo, inoltre, il tutto viene solitamente tenuto riservato, a meno che lo stesso denunciante non lo riveli al pubblico, cosa che appare essere avvenuta in questo caso.

Secondo lo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni – ossia le ‘comunicazioni’ – al procuratore“, spiega il portavoce della Cpi aggiungendo che l’Ufficio del procuratore non commenta tali comunicazioni.

Almasri, Nordio: “I tribunali esistono perché devono rispettare le regole”

Immediato era stato l’intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che aveva deciso di commentare quella che sembrava una nuova evoluzione del caso Almasri. Con un certo sarcasmo, il Guardasigilli ha sostenuto che “a questo mondo tutti indagano un po’ su tutto” e che quindi non resta che avere “fiducia nella giustizia umana“, riconoscendo però la sua fallibilità.

Caso Abedini, il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio

Il ministro è stato ospite a Un giorno da pecora, dove ha anche cercato di chiarire ulteriormente uno dei punti più delicati della vicenda riguardante la liberazione del cittadino libico.

Secondo Nordio, dire che Almasri è un torturatore, a prescindere dalla correttezza del mandato della Cpi, è sostanzialmente un “errore“. In considerazione di questa linea di pensiero, infatti, “neanche il tribunale di Norimberga avrebbe senso“.

Il Guardasigilli ha quindi continuato spiegando che i tribunali esistono proprio perché devono rispettare delle regole e quindi sostenere che “un torturatore debba essere punito in quanto tale indipendentemente dal rispetto delle regole“, significherebbe andare a delegittimare la stessa esistenza dei tribunali internazionali.

Nonostante tutto, comunque, il ministro ha voluto sottolineare il dispiacere che nasce dalla consapevolezza che Almasri non è stato giudicato a causa della violazione di una regola.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo