Trump tra dazi, rischi per il petrolio e raid contro l’Isis in Somalia: cosa succede negli Usa

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha esortato l'Unione europea a prendere contromisure nei riguardi di una decisione che di fatto "preoccupa"

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Il grande giorno è arrivato. A poco più di 10 giorni dal suo insediamento ufficiale, Donald Trump dovrà dimostrare oggi di che pasta è fatto, dando il via ai tanto attesi dazi contro i Paesi esteri concorrenti degli Usa. Canada, Messico e Cina dovrebbero essere le prima Nazioni a finire sotto il tritacarne di Trump, con aumenti delle tasse sulle esportazioni negli Usa che potrebbero toccare picchi inquietanti. Si vocifera, infatti, che il neopresidente voglia procedere con dazi del 25% su Canada e Messico e del 10% sui prodotti provenienti dalla Cina.

La motivazione portata avanti dal Tycoon è molto specifica. Gli aumenti sulle esportazioni sarebbero collegati al fallimento delle politiche di contenimento del flusso di Fentanyl, lo stupefacente potentissimo che ha dato via ad una piaga costosissima negli Usa. Nello specifico, quindi, Messico e Canada sarebbero Paesi che concorrono alle esportazioni illegali di questo farmaco, mentre la Cina sarebbe addirittura uno dei Paesi produttori di questa sostanza letale.

Il presidente americano Donald Trump
Il presidente americano Donald Trump

Nello stesso giorno in cui gli Usa si trovano ad affrontare una questione economica piuttosto gravosa, il presidente Usa ha deciso di rendere partecipe la sua Nazione e il resto del mondo di una decisione finora non prospettata. “Stamattina ho ordinato un raid aereo di precisione contro uno dei leader dell’Isis e altri terroristi in Somalia“, ha scritto il Tycoon su Truth. Il presidente ha chiarito di aver voluto procedere in quanto questi “assassini” avrebbero minacciato gli Usa e i suoi alleati.

Gli attacchi hanno distrutto le caverne in cui vivevano e ucciso molti terroristi senza danneggiare in alcun modo i civili“, ha spiegato il Capo di Stato americano, quasi orgoglioso di quanto portato a termine. L’annuncio è stato poi sfruttato per mandare un duro attacco contro le amministrazioni passate, principalmente quella di Joe Biden, che non sarebbero riuscite a “portare a termine il lavoro“.

Le reazioni di Canada e Messico ai dazi di Trump

Donald Trump potrebbe essere sull’orlo dell’avvio di una guerra commerciale, che però dovrà essere molto bravo a gestire. Nel caso in cui, infatti, i Paesi colpiti dagli aumenti decidano di rendere più costosi i loro materiali, soprattutto quelli fondamentali per l’economia Usa, Washington potrebbe trovarsi di fronte ad un problema piuttosto gravoso. Il Tycoon, quindi, starebbe ancora riflettendo sulle possibilità a sua disposizione, nella consapevolezza di dover prendere decisioni ponderate e soprattutto che non si rivelino armi a doppio taglio.

Un duro segnale dal Canada è giunto questa mattina, tramite le parole di Mark Carney, favorito per diventare il prossimo primo ministro canadese, che ha sottolineato come il Canada sia pronto ad opporsi ai piani di unbullo“. In una intervista alla Bbc, l’ex presidente della Banca del Canada ha sostenuto la volontà del popolo a non sottomettersi alle volontà Usa, anche nella consapevolezza che le scelte economiche di Trump rischiano di “danneggiare la reputazione degli Usa” nel resto del mondo.

Il Canada si fa forte della presenza di giacimenti petroliferi sul suo territorio, che riescono anche a sostenere le richieste degli Stati Uniti. Questi ultimi infatti sono il più grande produttore di petrolio al mondo ma le raffinerie sono progettate per utilizzare un misto di prodotti diversi per  trasformare il petrolio in gas e diesel. Proprio per questo, il 60% del petrolio che gli Usa importano viene dal Canada e il 7% viene dal Messico. Nel caso in cui Trump non riuscisse a gestire al meglio i dazi, dunque, potrebbe trovarsi con improvvise impennate del prezzo del petrolio che, ovviamente, farebbero salire alle stelle il caro vita nel Paese.

Messico, Claudia Sheinbaum
La presidente del Messico, Claudia Sheinbaum

La presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, ha già annunciato la scorsa settimana che, se Trump volesse procedere con i dazi, allora anche la sua Nazione alzerà le tariffe. “Se lo facessimo, tutto ciò finirà per pesare nelle tasche di milioni di americani“, ha sostenuto la presidente, allineandosi alle parole di molti esperti che hanno ricordato a Trump i pericoli che si nascondono dietro le sue mosse. “La crescente incertezza della politica commerciale aumenterà la volatilità del mercato finanziario e metterà a dura prova il settore privato, nonostante la retorica pro-business dell’amministrazione“, ha infatti spiegato Gregory daco, capo economista di EY.

Il ruolo dell’Europa

Le ultime dichiarazioni di Donald Trump, però, non hanno scosso eccessivamente il Vecchio Continente, che sembra pronto a rimboccarsi le maniche e rispondere a tono al presidente d’oltreoceano. “L’Ue resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi“, ha infatti dichiarato oggi il portavoce della Commissione Ue, ricordando le posizioni espresse dalla stessa presidente Ursula Von der Leyen e dal dal commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, nei giorni scorsi.

Von der Leyen, a Davos, aveva esortato tutti coloro che fossero interessati ad unirsi ad una cooperazione più stretta. Il messaggio è stato poi esplicitamente rivolto agli Usa, in quanto “nessun’altra economia al mondo è integrata come la nostra“. In questo senso, quindi, dividersi e assumere posizioni opposte si rivelerebbe solamente una mossa deleteria, pericolosa e poco pensata. “C’è molto in gioco per entrambe le parti“, ha continuato poi Von der Leyen, dichiarando la sua disponibilità ad un incontro per negoziare priorità ed interessi comuni.

Sulla questione si è espresso oggi il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, che ha definito i dazi di Trump una misura chepreoccupa” e che, anche in passato, è stata utilizzata come uno strumento di politica industriale al fine di riportare sul territorio Usa alcune produzioni specifiche.

In questo senso, quindi, il ministro ha esortato l’Ue a cercare di immaginare i metodi per evitare che le produzioni europee e italiane vengano attaccate e subiscano ancora di più la concorrenza d’oltreoceano. Il discorso di Giorgetti si è concluso con una nota piuttosto appuntita, riguardante la necessità di rivedere la “tassazione ambientale, che è stato un clamoroso autogol per tutta l’industria dell’automotive” e che dovrebbe invece divenire uno strumento per proteggere la filiera e la competitività.

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