La Corte d’Appello di Roma ha sospeso il trattenimento dei 43 migranti presenti nei centri di accoglienza di Shengjin e Gjiader in Albania. I cittadini bengalesi ed egiziani, quindi, dovranno essere riportati in Italia. Si tratta della terza mancata convalida di trattenimento da parte dei giudici italiani, questa volta sospesa, dopo quelle che sono state emesse alcuni mesi fa, precisamente ad ottobre e novembre.
Inoltre, sono state respinte tutte, tranne una, le richieste di asilo dei migranti che sono rimasti a Gjiader, in quanto ritenute “manifestamente infondate“. L’unica persona che non ha ottenuto il diniego dovrà essere ascoltata in procedura ordinaria, in quanto sarebbe stata riscontrata una vulnerabilità.
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La Corte d’Appello ha quindi deciso di rimettere gli atti della decisione nelle mani della Corte europea, come già avvenuto nelle due precedenti convalide. Nei centri albanesi sono al momento presenti 43 migranti, rispetto ai 49 che vi erano giunti lo scorso venerdì. I sei mancanti, infatti, sono già stati mandati in Italia in quanto minori o soggetti vulnerabili, come previsto dal protocollo. I restanti immigrati, a cui è stata respinta la domanda di asilo, avranno ora 7 giorni per presentare ricorso e riaprire le proprie possibilità.
Le disposizioni della Corte sui migranti
Secondo quanto si apprende, la Corte d’Appello ha sentenziato che il giudizio sui migranti “va sospeso nelle more nella decisione della Corte di Giustizia“. Inoltre, è stato sottolineato come, “per effetto della disposizione, è impossibile osservare il termine di 48 ore previsto per la convalida“, per cui deve essere disposta la liberazione dei trattenuti, come previsto anche dalla Corte Costituzionale in casi analoghi.
Inoltre, la Corte, per motivare il rinvio ha dichiarato di aver preso atto “dei contrasti interpretativi manifestatisi nell’ordinamento italiano che attengono alla disciplina rilevante contenuta nella Direttiva n. 2013/32/UE nonché alla regolazione dei rapporti fra il diritto dell’Unione Europea e il diritto nazionale in relazione alla gerarchia delle fonti di diritto“.
Il punto cruciale della questione rimane sempre lo stesso: in che modo classificare un Paese sicuro? Una sentenza dello scorso 4 ottobre, emessa dalla Corte europea, prevedeva che un Paese può essere considerato sicuro solo se lo è “in ogni sua parte di territorio“, ma i giudici italiani chiedono se possa esserlo dichiarato anche un Paese “in cui siano presenti una o più categorie di persone minacciate“.
In questo terzo caso di mancata convalida, i giudici che hanno emesso la sentenza sono stati quelli della Corte d’Appello, mentre nei due casi precedenti erano stati quelli della sezione immigrazione del Tribunale di Roma. Un cambiamento che è stato reso possibile da una nuova norma, inserita dal governo all’interno del decreto flussi, lo scorso 11 gennaio.
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