“Un proditorio attacco al governo attuato da quella magistratura che non tollera che ci sia una riforma della giustizia“, così il ministro degli Esterni, Antonio Tajani definisce l’invio dell’avviso di garanzia a Giorgia Meloni per favoreggiamento e peculato in relazione al rimpatrio del cittadino libico Almasri. La notizia è stata divulgata ieri, proprio dalla stessa premier attraverso un video in cui spiega che il provvedimento è stato emesso dal procuratore della Repubblica, Francesco Lo Voi, noto anche per il processo contro Matteo Salvini sul caso Open Arms.
Il leader di Forza Italia, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, afferma che tale avviso di garanzia, che coinvolge anche i ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, ricorderebbe l’episodio in cui Silvio Berlusconi aveva ricevuto nel 1994 l’avviso di garanzia a Napoli mentre presiedeva il vertice Onu sulla criminalità. Similitudine con il fondatore di Forza Italia che Barbara Berlusconi ha ricordato riportando la definizione di suo padre riguardo la “giustizia a orologeria“.
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In tal senso, il ministro Tajani spiega che a stupire sarebbe esattamente la tempistica con cui si è agito, ossia “proprio alla vigilia del dibattito parlamentare sulla vicenda Almasri, quando i ministri dell’Interno e della Giustizia stanno andando per presentarsi i Parlamento per illustrare la vicenda“. Si tratterebbe, secondo il vicepremier, di un avviso su un fatto politico con una tempistica ad hoc che non lascia sfuggire la coincidenza contestualmente alla riforma in discussione sulla separazione delle carriere dei magistrati.
“Questo avviso è un pericoloso soffiare sul fuoco, non da uomini delle istituzioni“, rimarca Tajani palesando la dinamica di un’inchiesta su esposto di un avvocato della sinistra, Luigi Li Gotti, accolto dal pm che aveva già indagato il ministro Salvini e di quella fazione della magistrati che, per l’appunto, ha protestato all’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Una protesta che a detta del leader di FI è incomprensibile, in quanto i magistrati avrebbero le loro sedi per esprimere le proprie posizioni su una riforma, ossia l’Anm e le eventuali audizioni in Parlamento, ma non hanno il poter di emanare atti come un avviso di garanzia per opporsi in modo diretto al governo impedendone di riformare la giustizia.
“So che ogni volta che si tocca qualcosa sulla giustizia – contesta Tajani – parte l’attacco“, ma “il potere spetta al popolo e le riforme le scrive il Parlamento“. Un attacco che, infatti, farebbe emergere quelle correnti di natura politica interne alla magistratura che conducono il magistrato a rappresentare uno schieramento perdendo l’imparzialità che dovrebbe essere categorica nel delicato ruolo giudicante che ricopre. Il magistrato deve essere “uomo dello Stato” non un rappresentante politico come “ai tempi di Magistratura Democratica, braccio del Pci“.
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