Usa, prime retate contro i migranti a New York: Trump mette le mani anche sulle “città santuario”

La nuova segretaria per la Sicurezza Interna degli Usa, Kristi Noem, ha pubblicato le immagini di una delle operazioni portate a termine nella Grande Mela. La neoeletta avrebbe preso parte ad una retata che ha portato all'arresto di un uomo, presente irregolarmente sul territorio

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La furia di Donald Trump è giunta anche nelle “città santuario” degli Stati Uniti, ovvero quelle in cui l’amministrazione e le forze dell’ordine si rifiutano di mettere in atto i provvedimenti riguardanti il rimpatrio dei migranti irregolari. Le immagini che oggi arrivano da New York, città emblema del multiculturalismo, dimostrano come il piano per la deportazione di massa degli irregolari di Trump non sia stato solo un provvedimento bandiera.

La nuova segretaria per la Sicurezza Interna degli Usa, Kristi Noem, ha infatti pubblicato le immagini di una delle operazioni portate a termine nella Grande Mela. La neoeletta avrebbe preso parte ad una retata che ha portato all’arresto di un uomo, presente irregolarmente sul territorio, accusato di rapimento, aggressione e furto con scasso. L’arrestato si trova ora in custodia dell’ICE (Immigration and Custom Enforcement), ovvero la forza che gestisce il settore dell’immigrazione negli Usa.

Al momento non è chiaro quanti siano i fermi portati a termine oggi a New York, ma sembrerebbe che le operazioni proseguiranno per il resto della giornata. Lo Stato di New York ha poi comunicato che l’amministrazione e il dipartimento di polizia della città non hanno preso parte alle retate, condotte invece dall’ICE e dalla DEA (Drug Enforcement Administration“, che si occupa di reati legati agli stupefacenti.

New York, le prime retate nel Bronx

Le prime operazioni delle forze dell’ordine sono state condotte nel Bronx, uno dei quartieri più malfamati della città di New York. Per ora sono tre gli arresti confermati, tra cui quello di un uomo ricercato internazionale dall’Interpol perché accusato di omicidio nella Repubblica Dominicana. “Delinquenti come questo continueranno a essere rimossi dalle nostre strade“, ha scritto la segretaria per la Sicurezza Interna sui social, sottolineando come il piano di Donald Trump non si concluderà in pochi giorni.

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La segretaria per la Sicurezza Interna degli Usa, Kristi Noem

Il neopresidente Usa si è ufficialmente insediato alla Casa Bianca solo 8 giorni fa, eppure, da allora il significato di “America first” sembra essere totalmente cambiato. I cittadini Usa, regolarmente residenti del Paese, saranno protetti e aiutati dal governo attraverso una azione che mira all’indebolimento delle fasce di popolazione più esposte, di coloro che sono fuggiti dalla loro patria alla ricerca di una vita migliore. Gli agenti dell’ICE non si fermano neanche di fronte alla necessità di dover dividere famiglie, di dover strappare i genitori a piccoli bambini innocenti.

Così, la deportazione di massa avviene giorno dopo giorno al di sotto degli occhi di coloro che ancora non sono finiti nel mirino dei provvedimenti di un leader politico. In soli due giorni, gli arresti sono stati 2mila e solo oggi 205 persone sono state rispedite in Colombia. Proprio con il presidente Gustavo Petro, Trump ha avuto un acceso battibecco. Le immagini pubblicate solo alcuni giorni fa di migranti irregolari fatti salire su un aereo militare con catene ai fianchi e mani ammanettate hanno provocato l’indignazione del leader colombiano, che ha preteso che i suoi concittadini vengano trattati con dignità.

Bogotà ha quindi inizialmente vietato ai voli Usa di atterrare sul suo territorio trasportando migranti, chiedendo che questi vengano trattati con dignità e non come criminali. Inizialmente Trump ha minacciato la Colombia con dazi più alti, fino al 50%, e di provvedimenti contro i funzionari colombiani, per poi trovare un accordo e accettare di trasportare i migranti su voli di Stato garantiti da Bogotà.

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