Una clamorosa protesta dei magistrati ha segnato l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario al Salone dei Busti di Castel Capuano, a Napoli. Durante l’intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio, i magistrati hanno abbandonato simbolicamente la sala, indossando la toga con una coccarda tricolore e stringendo una copia della Costituzione.
Come deliberato dal Comitato Direttivo dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), il gesto ha voluto denunciare il disaccordo con la riforma della Giustizia, in particolare con la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, approvata in prima lettura dalla Camera.
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Mantovano a Roma: “Abbandonare l’aula un gesto impegnativo e carico di significato“
A Roma, i giudici hanno alzato cartelli con slogan simbolici prima della cerimonia e un gruppo di magistrati ha lasciato l’aula Europa, nella Corte d’Appello di Roma, quando il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha preso la parola alla cerimonia.
“Vogliamo fare una riforma per i cittadini e non contro i magistrati“, ha rimarcato Mantovano nel corso del suo intervento dichiarando che immaginavano “di fare la riforma con il contributo critico dei magistrati“. Un’iniziativa che riguarda un gesto “impegnativo” e “carico di significato” ma che “non è originale“. Infatti, stando a quanto commentato da Mantovano, si tratterebbe di una forma di protesta sperimentata una ventina di anni fa, in occasioni di altre leggi, quella volta ordinarie, di riforma della giustizia. “Benché ripetuta non può lasciare indifferenti“, sottolinea il sottosegretario che afferma di volerne comprendere il senso evitando qualsiasi polemica e cercando di rispondere alla domanda: “E domani, esaurita questa forma di protesta, che cosa succede?”.
Per Mantovano, seppure sia un gesto che considera coerente con la posizione assunta dall’Anm, alzarsi e andarsene e quindi “rigettare la stessa interlocuzione, può avere differenti significati“. Andando per esclusione, il sottosegretario tenta di decifrare il comportamento scarterebbe la volontà di contestare la legittimazione del Governo a produrre riforme importanti in merito alla giustizia. “Penso piuttosto che la ragione, – spiega Mantovano – come dichiarato, sia la radicale contrarietà verso il merito della riforma“.
Ciò che, però, il magistrato pugliese cerca di comprendere è il motivo di rifiutare il dialogo per entrare “nei canoni dell’alternativa ‘o tu o io‘“. “Non fa bene al Governo che ha avanzato la proposta perché lo si priva di una voce qualificata con cui confrontarsi“, dice Mantovano rimarcando il momento di arricchimento che si può avere dal confronto con il Parlamento e le parti sociali. Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio “farsi convincere durante una discussione che qualche passaggio sia migliorabile o che meriti un approfondimento” fa parte dell’ordinaria dialettica, oltre al fatto che i dogmi non possono far parte della politica.
“Accettare di dibatterne – osserva e conclude Mantovano – non significa condividere l’impianto della riforma: il dissenso può restare, senza rinunciare ad apportare qualche positiva rettifica“.
Le proteste a Milano, Bologna e Reggio Calabria
La protesta a Napoli ha assunto un forte valore simbolico: prima di lasciare la sala, i magistrati hanno distribuito pieghevoli con i principi fondamentali della Costituzione, sottolineando la necessità di difendere l’indipendenza della magistratura. All’esterno, flash mob e cartelli riportavano citazioni di Piero Calamandrei, tra cui: “Questa non è una carta morta… è un testamento di centomila morti”. Iniziative analoghe si sono svolte in altre città italiane: a Milano, sulla scalinata del Palazzo di Giustizia, un centinaio di toghe hanno esposto striscioni con messaggi costituzionali.
A Bologna e Reggio Calabria si sono organizzati sit-in con lo slogan “Uniti, non separati”. Cristina Curatoli, presidente dell’ANM di Napoli, ha spiegato: “Questa riforma mina l’indipendenza della magistratura e i principi costituzionali su cui si fonda il nostro sistema giuridico”.
Anno giudiziario: numeri e problemi strutturali della giustizia
Nonostante la protesta, la cerimonia è stata anche l’occasione per fare il punto sui problemi del sistema giudiziario. La presidente della Corte d’Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, ha presentato dati allarmanti: I reati gravi commessi da minori sono quasi raddoppiati nel primo semestre del 2024, con un aumento delle misure cautelari (+123%) e dei giudizi abbreviati (+70%); solo 13 magistrati effettivi sono in servizio su un organico previsto di 17, aggravando le difficoltà operative.
A Roma, il presidente della Corte d’Appello, Giuseppe Meliadò, ha sottolineato che il 55% delle sentenze di proscioglimento è indicativo di un filtro più rigoroso per il rinvio a giudizio. Tuttavia, solo il 24% delle richieste di rinvio a giudizio viene risolto tramite riti alternativi, segno della difficoltà nel ridurre il carico di lavoro.
Nordio: “Progressi sul Pnrr, ma strada ancora lunga”
Nel suo intervento, Carlo Nordio ha difeso l’operato del Ministero della Giustizia, ricordando i risultati raggiunti nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr):
“La Commissione europea ha già riconosciuto che l’Italia è al primo posto in Europa per finanziamenti ricevuti, a conferma dell’impegno nell’attuazione del Piano. Nel 2024 il Ministero della Giustizia ha raggiunto tutte le milestone e i target previsti, consentendo il pagamento della Quinta e della Sesta rata del Pnrr”.
Nordio ha aggiunto: “Rimangono ancora obiettivi da raggiungere per il biennio 2025-2026, per i quali sarà necessario procedere con determinazione e impegno”.
Con le note dell’Inno di Mameli a risuonare a Castel Capuano e le copie della Costituzione sollevate al cielo, la cerimonia di Napoli si è trasformata in un simbolo di resistenza contro una riforma percepita come una minaccia ai valori fondanti della giustizia italiana
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